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venerdì 30 giugno 2017

Quanto Dick deve a Lethem

L’amico pazzo è Philip K. Dick, come da sottotitolo della raccolta di articoli, saggi, discorsi, tavole rotonde, racconti, che Lethem gli dedica, “Io e Philip K.Dick”. Un omaggio di spessore – con note interessantissime sulla propria infanzia di Lethem a Brooklyn. Dopo essersi dichiarato in avvertenza “uno dei maggiori esperti della sua opera”. Riconoscente in fine: “Ho costruito alcuni dei miei palazzi sulle sue rovine”.
La passione di una vita, a partire dalla scoperta, a quindici anni: “Una relazione nella quale avrei investito un immenso patrimonio personale”. E una consacrazione critica a cui Lethem si è dedicato. Dopo essere emigrato ventenne per incontrare Dick da Brooklyn alla California. Dapprima come giovanissimo socio di una Philip K. Dick Society, braccio destro dell’esecutore letterario Paul Williams, poi come cultore della materia. Fino al ripescaggio dello scrittore, ripulito della leggenda nera, con la curatela delle opere per la prestigiosa Library of America,
Non ci sono ricordi personali, Lethem arriva a Berkeley che Dick è morto. Ma c’è molto degli ambienti dove Dick ha vissuto e lavorato, che Lethem a sua volta ha voluto vivere. Dei nodi significativi della sua apparentemente convulsa vita. E della sua capacità di scrittura: “Dick appartiene a una speciale categoria dei grandi scrittori, quelli della prosa discontinua”, con “Dickens, Dreiser e la Highsmith”, e Dostoevskij. Perché la fantascienza, lui che debuttò, e insistette per una diecina di romanzi, sul filone mainstream? “Per soldi e forse anche per soddisfare un’esigenza insopprimibile del suo inconscio” – “la sua istintiva tendenza verso la satira della realtà quotidiana”. Ma, poi, “«autore di fantascienza»” divenne per lui una sorta di identità politica in cui riconoscersi, così come «tossico bruciato» e «mistico religioso»”.
Un libro per dickiani. Ma non solo. È una disamina del genere, nonché dell’“opera” di Dick. E nei cinque suoi propri racconti “dickiani” (di cui uno sullo stesso Dick), esumato dall’abbandono, un formidabile reperto di “creazione letteraria”, dei procedimenti narrativi, come s’impiantano e evolvono. Con un’interrogazione anche, efficace, sui cultori dell’autore, quelli che “fanno” gli autori, ne immortalano l’opera: sorta di ruminanti, che fagocitano il prediletto e poi lo risputano.
Dick sta sollevando molta curiosità da qualche anno. Tra gli altri, anche Carrère s’è cimentato con un ampio libro-evocazione. Lethem va più in là, per impegno e anche per onestà: dichiara il suo partito preso, e insieme s’industria a separare il grano dal tanto loglio dickiano. In chiave, curiosamente, dickiana: “lui” avrebbe approvato, divertito.
Jonathan Lethem, Crazy Friend, minimum fax pp. 173 € 13

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