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lunedì 26 giugno 2017

Si è squagliato il Pci

Si sono persi i comunisti, ciò che ne restava. A Genova, Spezia, Carrara, dopo 72 anni, Pistoia, id., Sesto San Giovanni, id., la Stalingrado d’Italia, L'Aquila. Come già a Roma, e probabilmente anche a Torino. Come da tempo in Toscana, tra Livorno, Viareggio e Siena. E in Emilia, a cominciare dalla rossa Bologna. Mentre ha vinto a Taranto e Lecce, dove la vecchia base ex Pci è debole.
Lo “zoccolo duro” si è squagliato nel rifiuto caparbio del voto, questo con certezza. E in troppi casi col vecchio tanto peggio tanto meglio tradotto in voti per Grillo – il Cattaneo, che studia i flussi elettorali, evita di dircelo, ma si può dare per certo: i voti di Grillo vengono più dall’ex Pci che dall’ex Msi, è questione di numeri.
Il Pci non cessa di fare male, si potrebbe dire. Ma la sua cancellazione apre anche una prospettiva diversa per un movimento riformista, quale si proponeva il Pd di Veltroni, e poi di Renzi. Senza più i rituali e i non possumus, che la Cgil continua a minacciare.
Dovrebbe essere però un altro Pd, quello fondato da Veltroni era troppo Pci-dipendente. Che sappia parlare chiaro. E affrontare i problemi, non minacciare catastrofi. Come peraltro sta dimostrando questo stesso Pd con le leggi sul lavoro, sul diritto di famiglia, sul diritto di cittadinanza.
Un radioso futuro si potrebbe dire si apre per un partito riformista. Ma con una incognita, grave: dei fondatori del Pd restano in corsa ora come dirigenti politici solo i Popolari. Che sono democristiani. Nella Dc stavano a disagio, ma la forma mentis è quella. È l’handicap evidente, tanto più perché non si dice (come quando il re è nudo), di Renzi.

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