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mercoledì 28 giugno 2017

La verità della cronaca giudiziaria

Si processa il giudice Woodcock per aver passato le sue notizie a un giornale. E gli altri Procuratori della Repubblica? La violazione del segreto istruttorio è la prassi nella giustizia italiana: volendo applicare le leggi, le incriminazioni dovrebbero essere decine e centinaia.
Questo caso sarà precipitato  perché c’è stata troppa furberia a Napoli. Il N.H. del Noe Scafarto e il suo giudice Woodcock si sono messi contro tre quarti, o quattro quinti, dei vertici dei CC, e pensavano di farla franca. Il potere delle delazioni e intercettazioni non va con la gerarchia? E poi quanta superficialità: tutte le indiscrezioni contro Rnzi e i generali dei Carabinieri venivano da carte che erano solo di Napoli, della coppia Scafarto-Woodcock. E andavano a un solo giornale. A un solo cronista di un solo giornale. Come non sapere che gli altri cronisti giudiziari se la sarebbero legata? Compresi quelli dello stesso giornale del cronista privilegiato. È partito così il tam-tam, con denunce anonime, che hanno portato all’incriminazione del giudice napoletano.
Si discute peraltro se, come, quando, chi nella inchiesta napoletana sulla Consip abbia deragliato in dossieraggio. Mentre si sa, tutti i cronisti giudiziari lo sanno, e i direttori dei giornali, che tutte (non tutte? il 99 per cento?) le inchieste nascono da dossier: note di servizio, confidenze, denunce anonime, denunce dei concorrenti, non importa quanto corrotti e mariuoli, e intercettazioni libere. Bisogna, certo, creare suspense nei casi di cronaca, ma un po’ di verità? Non porterebbe più lettori, questa suspense essendo ormai scomposta, degradata?
In Vaticano, per dire, che pure non ha una polizia, quando il buonissimo papa Francesco ha deciso di troncare le confidenze e le rivelazioni, non ha avuto problemi a trovare i colpevoli. E non per questo ha perduto aficionados.

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