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giovedì 11 gennaio 2018

A lezione di europeismo dalla Francia

Macron a Roma dà patenti di europeismo. Non propone, promuove, coordina: sancisce. È l’altro aspetto dello stress cui l’Unione Europea è sottoposta, dopo il mercantilismo dei governi Merkel: la Francia ritorna al solito, alla politica di grandeur, roba da maestro di scuola e – nel terzo millennio – da coatti.
Macron non fa altro. Vola di qua e di là, e di tutti i dossier dice di essersi impadronito, con la soluzione in tasca. È anche giovane e bello, e viene accreditato di buoni propositi. Ma non differice in nulla dai precedenti. Da Sarkozy forse sì, non ci farà un’altra guerra – o l’Italia non si presterebbe, quella del 2011 è ancora di troppo. Ma cosa propone di diverso dalla Francia che si è seduta comoda a Berlino, a curare gli affarucci, nei dieci anni della recessione? Che ha affossato la costituzione europea. Che ha impedito una politica della difesa, dalla Comunità europea di difesa in poi (ci voleva pure fuori dalla Nato…). Che è anti-europea per quasi la metà dell’elettorato. Salvo imporre granaglie e carni infette a mezza Europa, e patate cispose, il tutto condito liberamente da estrogeni, azotati, coloranti e conservanti, sotto lo scudo della politica agricola comunitaria, che noi paghiamo. E che ha affossato – ci ha provato – Finmeccanica, Saipem, Eni, fornendo carte false alla compiacente Procura milanese.
L’uomo è abile oltre che bello, con la sua politica di charme. Ma cosa ha fatto di buono?

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