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sabato 17 marzo 2018

Spiare dopo il Muro è tradire

La letteratura esornativa dello spionaggio e le spie è cresciuta durante la seconda guerra mondiale e nella guerra fredda: la spia come combattente per la libertà contro il male, a rischio della vita. Caduto il Muro, già da trent’anni, questa fama continua e perfino si rinforza. Alimentata soprattutto da Londra, da letterati e servizi segreti, da letterati che volentieri si vantano spie. Ma a torto: una spia, soprattutto se fa il doppio gioco, è un traditore. Della fede, degli amici, della patria, di sé. Con una scusa, certo, queste non mancano mai, ma è uno che non può pretendere diritti e giurisdizione di libertà.
È questo il caso della spia russa ora avvelenata in Inghilterra. Era un doppioghista per i servizi inglesi, pagato dall’Inghilterra, e poi, scoperto, pagato ancora dall’Inghilterra e protetto, bene o male. Mentre la sua famiglia poteva vivere, non perseguita, in Russia: la famiglia di un traditore dichiarato.
Spiare dopo la caduta del Muro è solo un affare. Oxford Analytica, che probabilmente è costata la vita a Giulio Regeni, e Cambridge Analytica, che ha manipolato la rete a favore di Trump nel 2016, ed è probabilmente all’origine di quello che per comodo definisce Russiagate, ne sono esempi milionari, nella stessa Gran Bretagna che finge l’innocenza. Nella consueta melma in cui si avvoltolano i servizi segreti. Non ci sono eroi in questo supplemento di spionaggio.

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