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mercoledì 14 marzo 2018

Céline dal pulpito

“Céline parla come un libro di Céline”: il primo degli intervistatori di questa raccolta, Robert Massin, ne è sommerso. È il 1947, Céline è in Danimarca, in libertà provvisoria, in attesa di estardizone, ma non si risparmia: “A Copenaghen, amico mio, il giorno dela mia uscita dal carcere, m’imbatto in un ebreo scampato a Mauthausen. Comiciamo a parlare. Era uno spasso…. Pareva che tutt’e due assaggiassimo quella libertà miracolosa”. E giù lamenti sulle sofferenze patite a Sigmaringen, “dove mi ero rifugiato dopo essere stato internato, nell’agosto ’44, in una frazione a nord di Berlino”. Mentre era al seguito del governo francese collaborazionista in rotta : “Non ero mai stato così maltrattato in vita mia, crepavo di freddo, di stanchezza, minacciato, spiato, odiato dagli abitanti, provocato da due o tre polizie rivali…”. Ma c’è di che divertirsi – “la lingua è stata insegnata ai francesi dai gesuiti. La frase cade dal pulpito”.
Riedizione, l’ennesima, della fortunata silloge di trent’anni fa.
Louis-Ferdinand Céline, Polemiche 1947-1961, Guanda, pp. 128 € 13

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