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martedì 19 marzo 2019

Allo scrittore fa bene la pittura


Un lungo saggio autobiografico dello scrittore marocchino accompagna i suoi dipinti. Ghirigori perlopiù, decorativi. “Ut pictura poësis”, la sintesi di Orazio, la poesia è un quadro, si è fatta ricorrente per molti scrittori nel Novecento: Breton, Cocteau, Michaud, Adonis, Barthes, Kundera, Pasolini, Testori, Buzzati, e Ernesto Sabato, che per dipingere cessò di scrivere. L’inverso è pure vero, ma qualche anno fa, di Michelangelo per esempio, e di Leonardo – di più recente c’è solo Toti Scialoja, filastrocche. Ben Jelloun fa di più: ha scritto anche di arte, di Mitoraj, Rotella, Guccione, de Conciliis, sui quali riproduce qui alcuni contributi critici.

Ben Jelloun è sempre stato attratto dalle arti plastiche, che ha praticato parallelamente alla scrittura, ma senza progetto né ambizione. Per il gusto, e per lunga frequentazione  dei “musei”: di Picasso in particolare e di Giacometti. Ma di più si dice attratto dalla musica. Dal jazz, la passione da adolescente che non lo ha mai abbandonato. Che ritma, dice, la sua scrittura – della pittura non si può dire, sono divertimenti: “Il jazz è presente nel ritmo delle mie frasi. Solo io sono in grado di individuarlo”.
Tahar Ben Jelloun, Ecrire, peindre, Il Cigno GG Edizioni p. 96, ill., sip

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