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mercoledì 24 marzo 2021

Le tre Cine

Ci sono tre Cine, continentale (Hong Kong compresa), Taiwan e Singapore, che nel tempo dovranno tornare a essere una. Era il pensiero, non esplicito ma ben delineato, del presidente Mao. Xi lo ha ripreso, con fragore di flotte nei mari della Cina, di leggi speciali per Hong Kong, e di rivendicazioni nuovamente esplicite su Taiwan.
Le tre Cine erano un tema degli anni 1960, prima che Kissinger avviasse con Nixon nel 1971 l’adescamento di Pechino, per aggirare Mosca e alleggerire il Vietnam. Poi la Cina post-maoista, soprattutto quella di Deng Hsiao-Ping negli anni 1980, ha trovato conveniente arricchirsi, proponendosi come fabbrica del mondo. Senza più agitare la bandiera rossa, e nemmeno quella nazionale. Sono stati i trent’anni, ora quasi quaranta, della globalizzazione: il disegno di Deng si è incontrato con quello americano a partire da Reagan, di abbattere gli ostacoli al commercio mondiale.
Da qualche anno, con la presidenza Trump, e ora con Biden, gli Stati Uniti mostrano di avere più problemi che benefici dalla globalizzazione. E ne perseguono un re-indirizzamento, in sede Wto, e bilaterale. Ma anche la Cina è diversa: la presidenza Xi non è quella aperta di Deng. È assertiva, e anzi imperiale. Nel mondo, Africa, Medio Oriente, Europa, con il 17 + 1 nel Centro-Est e gli accordi con i 5 Stelle in Italia, e soprattutto in Asia.
Il “Renmin Ribao”, quotidiano del popolo, il giornale del partito Comunista Cinese, redatto online anche in inglese, lo ha appena ribadito netto: “Alle nazioni asiatiche ricordiamo che la Cina è un vicino, inamovibile, mentre gli Stati Uniti sono geograficamente estranei”. Un avvertimento che è una minaccia, e quindi diplomaticamente un errore. Ma Xi si muove così – all’avvertimento ha fatto seguito un dossier sulla “violazione dei diritti umani negli Stati Uniti”.
La Cina secondo Pechino è ancora la “fabbrica del mondo”. La fabbrica degli arricchimenti facili per mediatori e produttori, piccoli e anche grandi, di tutto il mondo. Ma ora in un quadro di espansione all’estero, con la via della Seta e con la flotta. Un imperialismo da tempo scritto, al coperto del nazionalismo.

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