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martedì 29 giugno 2021

Giallo come un treno

Un giallo italiano che fila come un treno. Nel plot, e nel con orno – il corso di formazione all’Istituto di Medicina Legale, un’ambientazione accademica che si direbbe perfetta, nel senso della verità della cosa. Profuso, com’è d’obbligo – chissà perché i best-seller devono essere chilometrici (con danno anche economico: limitandoli a 200 pagine, invece di 400, non se ne potrebbero fare due invece di uno?) – ma il giusto. Con personaggi di spessore, non a due dimensioni cioè, o piatti. Per un plot a sorpresa naturalmente ma del tutto vero, in ogni interstizio – se Gazzola lo ha scritto per caso e di corsa, come dice, allora ha avuto la grazia infusa. La tensione va sull’onda hertziana giusta, non si sbrodola – e non ha bisogno di effettacci: ogni poche pagine si riannoda, su questo o quel particolare nuovo
Libero anche, il giusto. Non c’è il partito preso femminista che fa vangelo: gli uomini sono anche bravi, e giusti. La storia d’amore è tra una lei e un lui – anzi due lui. In qualche punto Gazzola si spinge perfino a fare torto alle donne in quanto estimatrici e acquirenti di arte contemporanea – quando è risaputo che il business cultura (compresi best-seller, i romanzi)  è opera di donne. 
La trovata della coinquilina giapponese è geniale, apre un mercato enorme – cinese sarebbe stata meglio. E c’è anche, a p. 351, a Khartum, tutto quello che bisogna sapere sull’Africa e invece sfugge - sarebbe stato più utile al povero Regeni del breviario di Cambridge.
Con pochi svarioni. “Noartri” per il romanesco “noantri”. O la cena al bistroti di Villa Pamphili. Giustificati:  Gazzola è di Messina, è pure brava ad ambientare tutto a Roma – anche se i belli-e-ricchi accasati tra viale Manzoni e via Merulana stonano un po’ – l’area è d’immigrazione, tutto l’Esquilino. L’impasse è del genere giusto, maschile, ma non l’ortografia (empasse).
Alessia Gazzola,
L’allieva, Tea, pp. 376 € 5

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