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giovedì 3 giugno 2021

Giallo messicano – ieri come oggi

Una dei racconti recuperati postumi, subito dopo la morte dello scrittore. Non il più felice: per la location alla moda, probabilmente, nel 1970, di gran grido, o sennò per nient’altro.
Uno delle serie esotiche. Che non riescono a spolverare il vecchio metodo del “chi è stato”. Con investigatori improbabili. Un po’ sbrodolati.
C’è Acapulco, Che è, era, gran nome, quando queste cose usavano, anche più di Portofino, i luoghi dei ricchi.E l’opulenza abbonda, anche nelle mance agli sbirri. Condita di un po’ di nostalgia russo-ucraina: le principesse del titolo, signore di Acapulco, madre figlia e nipote, sono Rudescenko. L’ambiente anche c’è tutto, il Messico come uno se lo immagina, e Acapulco. Perfino la storia regge, o reggerebbe - Scerbanenco non si scervella, la manipola come viene.
Va però veloce, molto meglio delle serie “internazionali” (esotiche) che si leggono adesso. E sa di cose viste – diavolo di un uomo, che stava a scrivere diciotto ore al giorno, come avrà fatto a conoscere così bene (anche) Acapulco? con tutto il Messico d’intorno? E, ci credereste?, in pieno fulgore, Acapulco è un luogo di misfatti. Si comincia così: “Un morto, al Messico, è semplicemente un morto. Specialmente ad Acapulco, ogni giorno viene commessa una media di sei omicidi, tre quattro rapine e una dozzina di risse con feriti anche gravi, la bellezza del luogo e i miliardi che vi scorrono, per misteriose ragioni psicanalitiche e sociali, rende la gente più violenta e dedita all’uccidere”.
E ancora. Alla festa delle principesse – è un giallo alla Poirot, di tutti possibili colpevoli – “ci sono perfino i cinesi, eccoli lì, che stanno tramando per cinesizzare il Messico”.
Giorgio Scerbanenco, Le principesse di Acapulco, Garzanti, remainders, pp. 94 € 3,12

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