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venerdì 3 settembre 2021

Femminile, monacale

Volendo costituirsi un catalogo solido di narrativa italiana, accanto a tutte le sue già consolidate collane, la casa editrice di Eco e Elisabetta Sgarbi ha confidato a Fausta Garavini il recupero dei racconti “dispersi” dell’autrice di “Artemisia”. Sparsi fra giornali e riviste, e tralasciati dalla Banti nelle sue raccolte di racconti, oppure riscritti, oppure semplicemente dimenticati. Un grosso impegno, che Garavini esplica probabilmente al meglio nella ricerca. Sicuramente nella contestualizzazione delle brevi narrative – una colonna e mezza-due di giornale. In una con un profilo biografico di “Anna Banti”-Lucia Lopresti sintetico ma pieno – un grande ritratto.
Nel profilo che i racconti ripescati sembrano riflettere, è di un femminino costante e stretto, quasi angusto. Algido anche – ci fu un periodo im cui l’ex ragazza “dai capelli rossi e la pelle d’avorio” pensò di farsi monaca, dopo trent’anni di matrimonio, con (l’algido?) Roberto Longhi. Anche Giulietta a Verona ama le monache: muore perciò in tempo, la mattina delle nozze, per non finire “come le altre”. È pure vero che, come si racconta nello stesso “Giulietta (e Romeo)”, “erano tempi in cui le donne si contavano a serque, come le uova: una figlia o sei figlie erano la stessa cosa quando il maschio mancava”, non arrivava.
Anna Banti, Racconti ritrovati, La Nave di Teseo, pp. 390 € 20

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