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domenica 10 aprile 2022

Ingiusta giustizia

Un finale col botto. Della giustizia doppiamente ingiusta: nel carcere dantesco e – senza nulla rivelare – dei Procuratori della Repubblica. Un atto d’accusa non detto , quest’ultimo, ma cattivissimo.
Una serie seria, si direbbe senza gioco di parole. Giocata su due problemi filosofici: se si può fare il male, per esempio uccidere, a fin di bene, e la sorveglianza continua, sistematica, permanente di Foucault, a cui secondo Foucault tutti i poteri tendono. Anzi tre, e il terzo è perfino violento: l’ingiustizia della giustizia. Impersonata da una Bonaiuto proterva. Mentre il “re del carcere” Zingaretti finalmente acquista un’altra personalità, liberandosi di Montalbano.  
Una serie che si lasciava presagire come una story del carcere di Santa Maria Capua Vetere, di abusi, ed è invece una denuncia dura, afflittiva, di ogni sorta di abuso della legge: il carcere-stia, da esercizio di sopravvivenza, e i giudici superficiali, cattivi, ricchi, distanti, soddisfatti. Opera non si sa se più di Gagliardi, già ferrato in materia di manette, con le serie sugli anni di “Mani Pulite”, o dei soggettisti e sceneggiatori Stefano Bises e Beppe Fiore. Ma di spessore, oltre che di sapienza scenica.

Una serie coraggiosa anche. In Italia anzi temeraria – non vedremo gli autori presto in carcere? Di che alimentare i referendum. Anche se il causidico dottor Amato, “quesiti scritti male”, ha cassato quello a questo punto più popolare, la responsabilità dei Procuratori della Repubblica. Pensare, la Corte Costituzionale che dice che lo Stato paga i danni nel caso di un giudizio errato, ma nessuno paga per le false-furbe lunghissime condanne a mezzo stampa che le Procure della Repubblica possono infliggere per anni e decenni, con pseudo indagini interminabili, per distruggere nemici e concorrenti - e più distruggono meglio fanno carriera. Ci vorrebbe più di una miniserie.
Giuseppe Gagliardi, Il Re
, Sky Cinema

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