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lunedì 6 febbraio 2023

La resistenza patriottica antifrancese

Il 1807 De Micheli, uno dei capi della resistenza antifrancese del tratto cosentino attorno al castello di Fiumefreddo (Longobardi-Belmonte-Amantea), muore fucilato, senza processo, dalle truppe del colonnello Berthelot. Dopo di lui, che ha resistito a lungo, più di tutti, forte del castello in altura di Fiumefreddo, una rocca protetta anche da mura, tutti i suoi congiunti vengono condannati, i beni di famiglia confiscati, la nomea di briganti appiccicata, eccetera. Una causa persa, si direbbe, di un maggiorente borbonico. Ma non è così semplice – come si sa anche da altre fonti, per es. i resoconti ammirati degli stessi francesi, di Courier e di Duret de Tavel.
Un’opera di storia locale, di cui risente le inevitabili approssimazioni, di contesto e anche dei personaggi e gli eventi. Ma, indirettamente, nel racconto degli eventi minuti, documento di un’opposizione largamente popolare al dominio francese. Che si confrontò lungamente con armate francesi in successione, agli ordini di generali rinomati, Reynier, Massena, Verdier. Che praticavano senza scrupolo saccheggi e massacri. Pur basandosi su volontari non addestrati e di poco o nessun armamento: truppe, definite “massiste”, cioè aggregate “in massa”, alla bell’e meglio in “battaglioni volanti”, con poca disciplina e un soldo aleatorio - 25 grani al giorno ai volontari, 5 carlini al capo centuria (compagnia) e 10 al comandante di battaglione (quattro centurie): 16 centesimi di euro per grana al conto odierno, e 1,60 per carlino.
In controluce, un movimento che non si può non dire di resistenza. E non si può non dire patriottico. La storiografia non ne tiene conto poiché dura sui Borboni di Napoli il pregiudizio risorgimentale e gladstoniano. E sul cardinale Ruffo, che questa resistenza organizzò nel 1806-7 come già quella della marcia del 1799 contro la Repubblica Partenopea del generale Championnet, la persistente damnatio memoriae.   
Indirettamente, una testimonianza della capacità di lottare – di impegnarsi, con determinazione, pur scontando la propria inferiorità – di borghesi e contadini calabresi. Specie della Calabria Citeriore – il cosentino. Non per tornaconto ma per un’idea, buona o sbagliata. In grado perfino, sull’altro versante della penisola, di sconfiggere i francesi, a Maida – una battaglia che Londra ancora celebra. Bruno ricorda che il capitano Geniale Versace di Bagnara gli ufficili inglesei avevano soprabbominato “Genialitz”. Londra arruolerà per parecchi anni un Calabrian Corps, in giro per il mondo – anche al comando dell’ammiraglio Sidney-Smith, che sarà il carceriere di Napoleone a Sant’Elena).
  
Nicola Bruno,
Giovan Battista De Micheli tra cuore, penna e spada 1755-1807, Editoriale Progetto 2000, pp. 152, ill. € 12

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