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giovedì 27 luglio 2023

Letture - 527

letterautore

Artista – Un fils de joie, come ci sono le filles de joie: Stevenson propone di chiamarlo (considerarlo) alla francese, fils de joie. Allo stesso modo come le filles de joie (“Letter to a yong  Gentleman”): “I Francesi tengono una romantica evasione per un’occupazione, e chiamano le sue praticanti filles de joie. L’artista è uno della stessa famiglia, dei fils de joie: ha scelto al sua attività per compiacere se stesso, si guadagna la vita facendo piacere e agli altri, e ha abbandonato qualcosa della più austera dignità dell’uomo” (v. p.20)
 
Carlo Magno - “Carlo Magno fece la guerra trent’anni ai poveri Sassoni per un tributo di 500 vacche” – Vltaire “Nos crimes et nos sottises”, primo cap. di “Dieu et les hommes” (ora in Id., “De l’horrible danger de la lecture”).
 
Celebrazioni – Quelle mortuarie hanno sostituito nel giornalismo ogni altra occasione di fare letteratura e arte. Ci vogliono decennali, ventennali, trentennali (Troisi), per fare un discorso critico su un artista o su un’opera. Celebrazioni sempre funerarie. Anche in cronaca, le uniche emozioni sono per le morti di “personaggi”: Camilleri, Scalfari, Berlusconi, anche Purgatori. Con storie sempre positive. Alla scadenza, ma anche prima o anche dopo. I settant’anni di Nanni Mofetti partono con un mese d’anticipo – non è la stessa cosa, Moretti è ben in attività, ma lo è, voglia di “celebrare”.
 
Droghe – “In epoche atee aumenta il consumo di droghe. Si sfiora l’albero della vita”, E. Jünger, “La forbice”, 30.
 
Fake news – “La falsificazione della realtà, la creazione di finte notizie, è sempre stata una specialità dell’estrema destra americana”. Emanuele Trevi, nella prefazione a Don Delillo, “Libra” (edizione “Corriere della sera”), il romanzo di sinistra del complotto della Cia per uccidere Kennedy – come ancora oggi sostiene Robert F. Kennedy, candidato presidenziale democratico.
 
Fahrenheit 451 – Gli autodafé di libri sono un topos  ricorrente dell’immaginazione del futuro, specie nel Settecento. Dall’articolo “Bibliomania” di D’Alembert per l’“Enciclopedia” (1752), e poi (1770) dal romanzo di successo avvenirista “L’an 2440” di Louis Sébastien Mercier: il protagonista si sveglia, dopo un sonno durato settecento anni, secondo il canone classico dei Sette Dormienti, ritrovandosi nella Francia di un Luigi  XXXIV educato secondo il modello di Rousseau, con le biblioteche prive di libri, bruciati in un gigantesco autodafé. Il tema è ripreso un secolo  dopo da Victor Hugo, a Bruxelles, nella poesia civile “A qui la faute”?, 1871, dopo la sconfitta della Francia e il fallimento della Comune – il piromane non sa leggere. Con lievità era stato trattato dall’umorista Alphonse Karr, “Les papiers brulés. Service  rendu à la posterité”, 1841, dove si immagina un rogo festoso di libri nel camino, con sollievo di un’umanità infestata dai libri. E da Ippolito Nievo, “Storia filosofica dei secoli futuri”, raccontata nel 2222, dopo che “il buonsenso straordinario del secondo patriarca della repubblica universale” ha menato “ad effetto il savio proposito di distruggere tutti i libri anteriori all’anno 2000” – oggi ci saremmo, sgravati?  

“Auto da fé”, con incendio finale della biblioteca, in una casa dove il culto dei libri ottunde ogni capacità di sentimento, è un prolisso romanzo di Canetti, 1935 (in originale “Die Blendung”, l’accecamento, ma in altre lingue intitolato in traduzione “Auto da fé”). E poi, dopo Ray Bradbury (1953), è tema di Amélie Nothomb, 1994, nel testo teatrale “Libri da ardere” (“Combustibles”).
 
Gobba - Se “ben fatta”, perché no? E. Jünger, “La forbice”, ricorda di averlo letto in un Karl Julius Weber, ma di averlo “rilevato in Diderot e in altri ancora – potrebbe comparire anche tra le pagine di Montaigne. Evidentemente un aneddoto errante dal nocciolo saldo”.
È “un’immagine cara ai cinici”, continua Jünger, che “un’immagine può guarire“. E sarebbe il caso di Leopardi, nota - tanto più che “ognuno si trascina una qualche gobba”. E prosegue citando Weber: “I gobbi compensano con lo spirito ciò che al corpo manca o ciò che gli è dato di troppo”. Considerazione che fa seguire “da una lunga serie di geni che portarono questa croce, tra essi Lichtenberg” – e più si direbbe Leopardi.
 
Grozio – Il giurista accreditato dell’invenzione del diritto internazionale fu autore di tragedie in latino, in versi? Lo fu. Anche perché le tragedie è meglio scriverle in latino. È il consiglio che il “buon abate Bazin”, lo “zio” di Voltaire”, gli rivolge in “La Défense de mon oncle”, opera del nipote, al cap XX, “”Des tribulations de ces pauvres gens-de-lettres”. L’avvertimento è di non scrivere, “a meno di non scrivere le vostre tragedie in latino, come Grozio, che ci ha lasciato questi bei drammi interamente ignorati, di “Adano scacciato”, di “Gesù paziente”, e di “Giuseppe” sotto il nome di “Sofonfoné”, che lui crede una parola egiziana”.
 
Italiano
– Dopo “mamma” si afferma “nonna”. La incorona internazionalmente “Nonnas”, l’ultimo blockbuster di Susan Sarandon –che si scopre italiana per parte di madre: un film sulle cuoche di un ristorante, amiche della madre del ristoratore (sulla traccia del film di culto di Stanley Tucci,1996, “Big Night”, il pranzo memorabile di due fratelli cuochi nel loro ristorante in via di fallimento).
L’italiano va con la famiglia e la cucina. E nelle denominazioni di prodotti e brand internazionali, per il bisogno di vocalizzazione che hanno il giapponese e il coreano, e anche il cinese..
 
Ottocento
– Il s ecolo “del quattrino” per Ippolito Nievo, rivoluzionario e conservatore, anzi  reazionario – “Un veglione (Diario di un pazzo), 1859. E anche “secolo di bastardi e di eunuchi”” (lettera a Matilde Ferrari, 27 agosto 1850).
 
Panico
– “Ferrie era convinto che il panico fosse una reazione animale che garantiva la sopravvivenza della specie. Era molto più antico della logica” – Don Delillo di un personaggio del romanzo sull’assassinio d Kennedy, “Libra”, p, 396.
 
Personaggio – È d’invenzione ma è segnato. Dalla vicenda in cui il suo autore lo situa. Ed è perfetto in questa identità, seppure non apprezzabile. “Così devi essere”, lo ha bollato l’autore – nota E. Jünger negli aforismi de “La forbice”: “Il Falstaff di Shakespeare, il Raskolnikov di Dostoevskij, il Woyzweh di Büchner sono in tal senso perfetti benché il primo è un bevitore, il secondo un assassino, il terzo un idiota. Anche un insignificante, come nel caso di Oblomov, può brillare in questo spettro”.
 
Pinocchio – Ma è queer naturalmente, sensa sesso, o di sesso incerto. Ci ha pensato T.J.Klune, scrittore dell’Oregon: “Un coraggioso eroe queer” – nel racconto “Nella vita dei burattini”, che si presenta come “una rivisitazione Lgbtq+ della favola di Pinocchio in una foresta cibernetica”.
 
Psicoanalisi  – Nicla Vassallo, poetessa e filosofa, si compiace co Gnoli su “Robinson” di “fare altro”: “Due settimane con la barchetta, o facendo sci,senza sosta, in Engadina”. O anche “una seduta di psicoanalisi alla settimana, benché dubiti che la psicoanalisi sia una scienza e che gli psicoanalisti abbiano qualcosa di serio da dire”. Ricorda anche divertita il commento di Virginia Woolf, a proposito di “due conoscenti rientrati, smagriti, gracili, tristi dopo quasi un anno di «lettino» con Freud: «È così questo che fanno dodici mesi di psicoanalisi»”.
 
San Gennaro – Dovrebbe aver fatto il suo tempo, secondo Voltaire. “Arcivescovi di Napoli, tempo verrà in cui il sangue del signor san Gennaro non ribollirà più quando lo si avvicina alla testa. I gentiluomini napoletani e i borghesi ne sapranno abbastanza tra qualche secolo per concludere che tutto questo passa-passa non gli è valso un ducato: che è assolutamente inutile alla prosperità del regno e al benessere dei cittadini; che Dio non fa miracoli un giorno dato, che non cambia più le leggi che ha imposto alla natura. Quando queste nozioni saranno discese dai nobili ai cittadini, e da questi alla porzione di popolo capace di ragione, allora si vedrà a Napoli ciò che si vide nella piccola città di Egnazia, dove al tempo di Orazio l’incenso bruciava da solo senza che lo si avvicinasse al fuoco. Orazio mise il miracolo in ridicolo, e non avvenne più. È così che ci si è disfatti del sacro ombelico di Gesù nella città di Chälons; è così che i miracoli sono spariti da metà Europa con le reliquie: quando arriva al ragione, i miracoli se ne vanno” – Voltaire, “Conformez-vous au temps” – in Id., “De l’horrible danger de la lecture”. Ma Napoli smentisce anche Voltaire.
 
Telepatia – “È insolita, ma non rara, la percezione telepatica della propria persona”. Se ne tace, come si tace ogni sguardo che si spinga nel numinoso”, E .Jünger, “La forbice”, 34-35: “In questi incontri con se stessi, la propria persona è vista da una certa distanza, solo per un istante. E non ha luogo alcuna azione, il che distingue questo tipo di visioni dalla seconda vista”.
 
Trockij – “Trockij aveva preso il nome di un secondino di Odessa, e l’aveva portato sulle pagine di mille libri” – Delillo fa ricordare a Lee Oswald, l’assassino di Kennedy, comunista puro, “trockista”, in “Libra” – Trockij era nato Bronštein.
Trockij era nato nel Donbass, nella regione (oblast) di Kherson, nel villaggio di Janovk, oggi Bereslavka.


letterautore@antiit.eu

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