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Cronache dell’altro mondo – giustiziarie quinquies (267)
Il giudice
di New York che presiede il tribunale di Trump, Juan Mechan, ha proibito all’imputato
di fare commenti, fuori dell’aula, sul processo: sui giudici, i giurati, i
testimoni, e sulle loro famiglie. Tutti potranno sparlare dell’imputato (continuare
a farlo, già lo fanno), ma l’imputato non si potrà difendere.
Mechan,
un colombiano naturalizzato americano, ha fatto carriera nello stato di New
York facendo politica per il partito Democratico. Per il quale lavora sua
figlia, titolare di un’agenzia di marketing.
L’accusa
per la quale l’ex presidente sarà condannato, il primo ex presidente della storia
americana, è di avere pagato una pornostar che lo ricattava durante la campagna
elettorale del 2016.
Trump è
stato un presidente ed è un candidato presidenziale del tutto improbabile. Ma i
suoi giudici? Il giudice Mechan stravolge di proposito le norme americane di procedura penale, sul diritto a difendersi e sui testimoni ammissibili, sicuro che la giuria comunque condannera (a Manhattan ha votato Trump uno su dieci, 13 per cento contro 87 per cento).
Non si fa scandalo in America, non nei media,
e nemmeno nel partito Repubblicano, che sarebbe quello di Trump, per l’accusa
e la gestione del processo. La giustizia nel paese che esporta la democrazia è
come nel western, chi muore è colpevole.
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