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domenica 4 ottobre 2009

L'opinione è del padrone

Non c’è nessun argomento contro il piano sanitario di Obama. Questo è tutto.
Ma non c’è nella discussione nessun argomento dalla parte della ragione. Si contesta tutto del piano, e lo si fa contestare anche dai beneficiari. Con abbondanza di pagliettismo. Qualificato, di professori, giurisperiti, luminari della medicina e della deontologia. Capzioso, che ora sfronda il gigante Obama a tronco minuto, se non secco: non vince le guerre, è venduto all’islam, ha quella moglie inelegante. Becero, di chi non vuole pagare per il vicino, e ride al presidente e sua moglie, due neri, che per l’Olimpiade si sono fatti snobbare nel cortile di casa, dagli straccioni latini. Non è difficile, è anzi facile fare presa sull’incoercibile competizionismo degli americani, che ne fonda la libertà ma anche la stupidità, lo spreco.
In questo caso di tratta di spreco di vite. Se ogni anno centomila americani muoiono per non potersi curare. Più di tutti i morti di tutte le guerre. Di cui l’America non sa privarsi, dacché nel 1941, faticava a entrare in guerra contro Hitler e il Giappone: da allora non c’è anno che gli Usa non abbiano avuto morti in guerra. Per ogni genere di motivo: contro il sovietismo, in difesa d’Israele, contro il terrorismo arabo, per i diritti umani, per e contro il diritto internazionale. Con un ammontare di risorse cumulativamente inimmaginabile – è inimmaginabile la spesa militare americana. Ma questa è l’America, e si può solo saperlo.
Il problema è che questa America fa l’opinione, e il modo di fare l’opinione. Cioè “ci” fa. E con poco: gli stipendi dei giornalisti. Che paga peraltro tutto compreso, con la pubblicità, che è un costo obbligato. L’opinione, se lo è mai stata, non è libera e non è critica. È pubblica solo nel senso che è giocata scopertamente.

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