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domenica 29 gennaio 2012

Il senso dell’onore di Scalfaro

Già il 9 maggio 1999, per la sua uscita da Quirinale, si poteva scrivere di Scalfaro:
“Gli anni Novanta, quelli della presidenza Scalfaro, saranno stati nel senso più elevato gli anni della “filotimia”, l’amore dell’onore, che nella Grecia antica insospettiva Tucidide e amareggiava Pindaro. “Uomini troppo presi a coltivare la passione per l'onore”, scrisse il poeta, “seminano nelle città una ben visibile angoscia”. Lo storico, che pure, come Aristotele, poneva nell’onore il fine della politica, ironicamente ricorre alla filotimia per spiegare le tattiche dei tiranni successori di Pericle: l’amore dell'onore angoscia quando è maschera della lotta per il potere.
Alla fine del settennato di Scalfaro la politica è opaca e, se possibile, più corrotta. I cittadini danno volentieri l’8 per mille alle chiese, non danno la metà della modica cifra alla politica, ai partiti che rappresentano l’unica loro possibilità di contare nella vita pubblica. E si è dovuto ripristinare il loro finanziamento d’autorità. Dopo tre elezioni disinvoltamente ribaltate e diecine di referendum senza seguito anche l'ultima illusione democratica, l’esercizio libero del voto, è crollata.
Sparito è anche il senso della giustizia, secondo i suoi più autorevoli esponenti. Come sempre nei casi di licenza, lo strapotere concesso all’ordine giudiziario ne ha favorito le espressioni peggiori, moltiplicandone i limiti e bruciandone gli strumenti. Sarà inevitabile introdurre una qualche forma di controllo sulle Procure, dopo i tanti processi abborracciati o politici. E circoscrivere l’uso dei “pentiti”, benché siano stati e siano utili contro la mafia. La giustizia civile si definisce da sé, i tempi medi di un procedimento essendo raddoppiati nei sette anni di “Mani Pulite” da cinque a dieci anni.
Di questa deriva Scalfaro darà il nome alla storia per esserne anche artefice. Il Quirinale è un luogo privilegiato della politica. Il presidente è eletto dalle Camere ma resta in carica sette anni, inattaccabile, e ha il potere di sciogliere lo stesso Parlamento, nonché di nominare il capo del governo e di gestire, nel senso più ampio del termine, l’ordine giudiziario, di cui presiede il Csm. Ha anche i segni esteriori del potere: il palazzo sterminato del Quirinale, oltre 900 dipendenti diretti, più del doppio della corona britannica, e un bilancio sei volte maggiore dell'Eliseo, la presidenza della grandeur francese.
L’“Economist” definisce Scalfaro amabilmente nel commiato “una governante non necessaria”. Ma nessun presidente, neppure il peggior Gronchi, ha usato come lui del potere…”

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