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giovedì 31 maggio 2012

La Resistenza fu di popolo, anche militare

Rifiata la Resistenza, a quasi settant’anni. Come chi fosse finito sotto le macerie nel terremoto e venisse infine tirato fuori. Le macerie essendo una storiografia feroce e spavalda, cattiva anche, contro chi non era del Pci – al tempo dell’occupazione o in seguito. Giampaolo Pansa ha menato fendenti su questo sbarramento. La presidenza Ciampi ha aperto dei varchi. Avagliano, con piglio più storico, ha lavorato alla ricognizione dei fatti, tra i deportati in Germania e ora tra i militari dopo l’8 settembre.
La Resistenza può ora respirare libera, che fu veramente di popolo e non di partito. Di soldati, religiosi, ebrei, madri, carabinieri, deportati, liberali, monarchici. Magari combattenti di Spagna dalla parte sbagliata, come Montezemolo o il più famoso Edgardo Sogno, ma sicuramente patrioti antitedeschi, e antinazisti. Giuseppe Cordero di Montezemolo è un colonnello dell’esercito, capo della segreteria di Badoglio, che resta nella capitale occupata per coordinare la Resistenza militare. Ha una bella famiglia, moglie e sei figli, uno dei quali sarà cardinale, Andrea, di cui l’ampio corredo di fotografie fornisce qui tanti momenti idilliaci. Ma non si nasconde: travestito, con nuove identità, è attivissimo, finché non verrà scoperto, a gennaio del 1944. La morte alle Fosse Ardeatine, può dire il biografo, fu la sua liberazione, dopo due mesi di torture.
Mario Avagliano, Il partigiano Montezemolo. Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata, Dalai, pp. 16, ill., € 22

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