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giovedì 6 settembre 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (142)

Giuseppe Leuzzi

Fra i tanti luoghi comuni dell’opinione pubblica (dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente) che Umberto Eco prende a bersaglio nel “Cimitero di Praga”, c’è anche il Sud. Napoletani e siciliani sono “mulatti… non per errore di madre baldracca ma per storia di generazioni, nati da incroci di levantini malfidi, arabi sudaticci e ostrogoti degenerati, che hanno preso il peggio di ciascuno dei loro ibridi antenati, dei saraceni l’indolenza, degli svevi la ferocia, dei greci l’inconcludenza e il gusto di perdersi in chiacchiere”.
Altrove, dove ci sarebbe la purezza (la “purezza del sangue”), c’è il falso costante.

Ma arrivato alle ricette anche Eco fa il leghista. Delle “sue” dà il dettaglio goloso. Sbarcato a Palermo dà solo l’acqua cotta – e un’improbabile zuppa di tartaruga. Il pescespada a’ sammurigghu, i pisci d’ovu, i babbaluci a picchipacchi non gli dicono nulla, a parte i nomi.

Il Nord è i suoi abitanti e “l’atmosfera generale”, del lavoro, il Sud è la natura. È questa l’impressione generale che Corrado Alvaro, corrispondente a Berlino, ricava dalla sue esperienza, in un breve saggio su “”L’Italia Letteraria” del 1929 (14 luglio). “Da noi è come se avessimo veduto abbastanza e troppo”, la nostalgia del Sud “non è altro che il sentimento di liberarsi della presenza degli uomini e di entrare in un’atmosfera eterna”. La “nostalgia del Nord” è invece verso “la nessuna intimità e segreto”. Di luoghi dove “l’uomo ha bisogno di autentiche conquiste materiali per sentirsi vivo”, essendo “solo e incomunicabile”.

Sicilia
Palermo “esce” le carte di Berlusconi. Su “Repubblica” di oggi. Da Palermo, la fonte a questo punto è sicura: “Il testimone esce dalla borsa altre carte e assicura…”, assicura Salvo Palazzolo dalla capitale siciliana. Indubitabile.
Resta da accertare la fonte dello scoop. Sarà il Procuratore Capo Messineo, collaboratore volenteroso – retribuito? – del giornale di De Benedetti. Un tempo i giudici di Palermo s’immolavano contro la mafia, e non “uscivano”.

“I palermitani sono dopotutto degli italiani”: nel costante malumore Lampedusa-Gattopardo incontra dei lampi.

Al “caldo sole” della Sicilia gli isolani più benevolenti, Tomasi, Camilleri, la gente comune in dialogo, imputano le follie, politiche ed economiche: sperperi, favoritismi, clientele, barbarie. Come se nessuno avesse mai vissuto a luglio e agosto a Firenze, anche a giugno, o a Bologna, o nelle altre città emiliane. E a giugno-luglio a Milano? O a Pavia, Vercelli, Alessandria?Con gli zanzaroni?

Una cosa il Gattopardo non disprezza mai della Sicilia, in nessuna circostanza, anche nella polvere o la calura, o tra gli scheletri inaciditi alle sei di mattina, quando bisogna continuare la festa altrimenti la festa non è riuscita: il cibo. Nell’apparenza (decorazione, presentazione) e nelle sostanza, soprattutto i dolci, tutti.
Lampedusa era goloso, il suo autore, e questo è tutto?

La Sicilia vota tra le due famiglie di questo millennio, i Lombardo e i Micciché. Con i loro clienti e famigli. Con gli Orlando, terzi incomodi revenant dell’altro millennio.
È d’uso addebitare i mali del Sud al feudalesimo, che, poveretto, non c’entra. Ma quelli del voto sì: la politica ha qualcosa di tribale, se non dinastico. I primi cinquant’anni della Repubblica la Sicilia li ha vissuti al’ombra di poche famiglie: Alessi, La Loggia, Mattarella, Orlando. Gli outsider, Lima e Ciancimino, sono finiti male. La stessa mafia era feudale: Partinico, Corleone, Catania.

Dal 136 al 132 a.C., dopo la riforma agraria di Tiberio Gracco, si ribellarono in Sicilia centinaia di migliaia di schiavi. Il console Manlio Aquilio domò la rivolta, ma non, evidentemente, gli schiavi.

“La gelosa intimità della famiglia siciliana” colpiva il calabrese Alvaro, nel 1948, in giro per l’isola al tempo del bandito Giuliano. in un articolo per “La Stampa”,17 dicembre: “In nessun paese, forse, le parole padre, madre, fratello, sorella, figlio, sono cariche di tanto senso come in Sicilia”. E qui ricorda Pirandello: “Uno degli aspetti che più commuoveva nella vita di Luigi Pirandello era la sua tenerezza quasi morbosa per i figli. Ricordo la manifestazione del saluto serale, era come se tutti nel sonno si imbarcassero per un lungo viaggio, con baci a croce dalla fronte alle labbra e alle guance. Egli parlava dei figli facendone, e non per la sua abitudine di scrittore, dei personaggi, mettendone in evidenza il carattere, le qualità e le debolezze, sotto un eguale velo di comprensione”.

In giro per l’isola al tempo di Giuliano, Alvaro media dalla giornalista svedese Maria Cyliacus, che ha incontrato il bandito, la nozione che “alle origini del banditismo c’è una cattiva costituzione della società”. Per cui spesso “ci si trova al bando” per “ragioni umane”. Lo stesso per il bandito Musolino.

Napoli
Ha probabilmente il record dei cittadini eccellenti che vi si riconoscono ma se ne tengono lontani. Perché “è cambiata così tanto”, dice Erri De Luca. In un tempo non lungo, De Luca non ha settant’anni. Non in meglio.

Duecento arresti in lista d’attesa, ha denunciato la Polizia. Che i giudici in tre anni non hanno avuto tempo di decidere. Mentre a Scampia e dintorni, gli arrestandi uccidono e vengono uccisi.
Tutto meglio che lavorare.

Il rione Sanità si chiamava ai tempi di Leopardi quartiere Stella. Fu ribattezzato per la sua aria salubre.

“La nobiltà napoletana si distingue per il buongusto, superiore a quello dell’Italia intera”. Non aveva dubbi ancora nel 1776 Jacques Cazotte, l’autore de “Il diavolo innamorato”.

C’era a Napoli una “grotta dei cani”. Ne parla Mandel’stam nel “Rumore del tempo” (1923). L’anidriide carbonica stagnante uccideva i cani, mentre l’uomo, più alto, riusciva a respirare.

Nel famoso processo Cuocolo, celebrato a Viterbo dal 1910 al 1912 per fatti avvenuti a Napoli nel 1906, la camorra risultò protetta dalla polizia: portava i voti al blocco d’ordine. Compreso il prefetto Tittoni, il principe di Aosta e il Procuratore della Repubblica. Contro cui i Carabinieri si dovettero costituire parte civile.
La storica Marcella Marmo, “Processi indiziari non se ne dovrebbero mai fare. Le manipolazioni del processo Cuocolo (1906-1930)”, è di diverso avviso: i carabinieri vollero, scrive, “un maxiprocesso impostato secondo un rigido paradigma associativo e con marcate forzature probatorie, le quali non soltanto alimentarono forti campagne di stampa attivate dalla difesa e dall’opinione garantista, ma provocarono un serio conflitto interistituzionale, che dalla polizia giudiziaria si allargò alla magistratura (1908)”. Cioè conferma.

Il sito Sopravvivenze Urbane consiglia a Napoli un giro della città illegale, “Naples illegal tour”. Da Porta Nolana alla Duchesca (piazza Mancini. contraffazioni) e al Buvero (borgo Sant’Antonio Abate: contrabbando, di sigarette, cibi, etc.). Niente di che preoccuparsi: il sito lo consiglia tra le 10 e le 13, quando “maggiore è l’animazione”.
È una forma di “sopravvivenza urbana”, appunto, e di “disobbedienza civile”, dice il sito. Napoli metabolizza ogni veleno.

leuzzi@antiit.eu

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