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lunedì 25 febbraio 2013

Quando l’Italia scoppiava nel 2013


Sebald chiude, nel 1990, con un incubo – lui dice un sogno - del 2013. In cui cade, in un viaggio a Sud, dalle Alpi, ma in un mondo minerale, senza alberi né prati né fiumi, incontrando “nient’altro che pietra e ancora pietra”. Finché “briciole di una testimonianza sul grande incendio di Londra”, di cui ha appena letto prima d’addormentarsi, non lo distraggono, che culminano in una “mostruosa deflagrazione”, sinistra, “è saltato l’arsenale”. Ma non si saprebbe credere profetico – né Sebald ce l’ha con l’Italia, anzi.
Un viaggio, più viaggi, a epoche diverse, tra i fantasmi. Non malevolenti, semplici ombre. Come in un film muto, in un passato dettagliato e remoto, in un’Europa, di qua e di là delle Alpi, alla deriva degli elementi, le notti insonni, la maree, i mezzogiorni di fuoco. Scandito dal dolore per una perdita, forse, o solo da una costituzione febbrile. Tra nomi molto evocativi e ignoti, Olga, la nonna di Olga, W., un villaggio sull’Alpe bavarese sopra Rosenheim dove lo scrittore passò da bambino felice le prime vacanze, il brigadiere dei carabinieri di Limone che ha al polso sinistro “un enorme Rolex” e al destro “un pesante braccialetto in oro”, e Stendhal, Kafka, Grillparzer, Casanova, i primi due soprattutto compagni di lungo corso. Tra itinerari minuziosi di gangli urbani, a Vienna, Venezia, Verona.
Sebald riprende “Austerlitz”, la narrazione sua più fortunata, del tedesco inglesizzato e immalinconito tra radici familiari e letterarie. Editandola con le illustrazioni seppia suo trademark. Rifà a suo modo
Chatwin, il viaggio sorprendente nell’ordinario, ma in solitario, senza interlocutori, e senza molto da raccontare. Se non le sue letture. Fa quindi, scanditi da sottotitoli italiani, “All’estero”, “Il ritorno in patria”, escursioni sulle tracce di Stendhal e Kafka in Italia, con sottili parafrasi di lettere, diari, qualche racconto, e “De l’amour”. Che vuole dolenti, senza pause in una febbrile malinconia, il vecchio spleen romantico, che oggi si dice depressione. Racconti di letteratura che non aggiungono, se non un po’ di pedanteria. La letteratura non cura – chi non si vuol curare.
Winfried G. Sebald, Vertigini, Adelphi, pp. 229 € 18

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