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domenica 24 novembre 2013

Cerchiamo giustizia, non avremo salvezza

La “leggenda bianca” di Pilato, molto apprezzata dai vangeli apocrifi, la sola figura storica e drammatica dei sinottici, un santo per la chiesa etiopica, mentre sua moglie Procla è festeggiata dagli ortodossi il 29 ottobre. Senza escludere Pascoli, che fa di lui, e non Celestino V, il bersaglio di Dante, l’ignavo all’inferno “che fece per viltade il gran rifiuto”. Pilato non è quello che sembra, un proconsole romano accidioso nella provincia povera.
Anche il libriccino di Agamben, poche pagine, non è evidentemente quello che sembra, un divertissement, poiché suscita aspre contese e anche rampogne. E lo mette, inaudito, in cima ai venduti – chi glielo avrebbe detto al fine filosofo, la celebrità a settant’anni per uno scherzo.
Nella tradizione ce n’è per tutti. C’è chi vuole Pilato protocristiano. Chi invece un lavativo. E chi un governatore feroce. Agamben ne trae lo spunto per definire il tradere, la ripetizione e la trasmissione, che stanno al fondamento della tradizione. Sornione – i Vangeli sinottici sono compresi: “La critica radicale di ogni giudizio è parte essenziale dell’insegnamento di Gesù”. Rimettendo al centro una questione che Spengler, “con la consueta vivacità”, aveva posto ma è rimasta inconsulta: “Quando Gesù viene portato davanti a Pilato, due mondi stanno immediatamente e inconciliabilmente di fronte: quello dei fatti e quello delle verità, e con tanta spaventosa chiarezza come ai altrove nella storia del mondo”. Con l’ausilio di Giovanni evangelista, 3,17: “Dio non ha mandato il suo figlio nel mondo per giudicarlo ma per salvarlo”.
Agamben ne trae, alla fine del godibilissimo excursus, l’inconciliabilità: “Il mondo, nella sua caducità, non vuole salvezza, ma giustizia”. Per ciò stesso si pone a giudice, e si chiude in un impasse: “In quanto insalvabili, le creature giudicano l’eterno: questo è il paradosso che alla fine, di fronte a Pilato, toglie la parola a Gesù. Qui è la croce, qui è la storia”. Abolisce cioè il Cristo, la salvezza dicendo impossibile.
Ma forse, a parte lo svago narrativo della ricostruzione storica del personaggio, il filosofo lo sberleffo lo fa alla giustizia: “Giustizia e salvezza non possono essere conciliati”. Una giustizia che è la nostra ineliminabile condizione, impossibile. 
Giorgio Agamben, Pilato e Gesù, nottetempo, pp. 66 € 6

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