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venerdì 29 novembre 2013

La fede ci assolve

La fede come luce – ascolto e insieme visione. Come amore. Come verità. Nulla di nuovo, è sant’Agostino, “Commento all’epistola di san Giovanni ai Parti”, il “tractatus” che costituì collazionando le prediche pasquali dal 413 al 418: Dio è amore, luce, vitaUn’appropriazione che lascia scoperti i non credenti - “Alla filosofia è necessario Amore” è Giordano Bruno. È tuttavia un appello ai laici, quale si vuole - l’esclusione è argomentata.  E “il credente”, si dirà in fine, “non è arrogante”, non deve e non può esserlo: “La verità lo fa umile”, per la stessa sicurezza che infonde, “e rende possibile la testimonianza e il dialogo”.
Si parte da una constatazione: “La fede fa grande e piena la vita”. È vero. Qualsiasi lettore, anche solo di Harry Potter, lo sa. È un dono gratuito, però. Ed è un dono d’amore: “Credere significa affidarsi a un amore misericordioso che sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si mostra potente nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia”. Anche questo è vero, la provvidenza c’è, poiché non ci siamo suicidati, non del tutto. Ma ci sono degli esclusi dall’amore di Dio? Possono essercene? E linferno? E l’eresia?
“Se non crederete, non comprenderete” o “Se non crederete, non sarete saldi”, le due versioni di Isaia, 7,9, quella della traduzione greca dei Settanta e quella ebraica, l’enciclica ne rende conto unificandole: dicono la stessa cosa. Perché no, saldi e salvi sono la stessa cosa. Ed è anche vero che se non si crede non si comprende. E credere è un atto unico, sia indirizzato a Dio o alla filosofia: è il modus operandi dello scienziato, della ricerca scientifica.
Viene poi il capitolo oggi conteso della verità. Fede e ragione si rafforzano a vicenda, papa Francesco dice con Benedetto XVI, coautore dell’enciclica - e col predecessore, già beato, Giovanni Paolo II, che promosse il mea culpa su Galileo, “Fides et ratio”. Verità è amore, aggiungono. Cioè fede. Per immedesimazione: “Colui che confessa la fede, si vede coinvolto nella verità che confessa”. Perché la conoscenza è relazionale: “La stessa coscienza di sé è di tipo relazionale… Il linguaggio stesso”. E per un terzo motivo.
Perché, dice l’enciclica, “la fede risveglia il senso critico”. Questo non è vero. Ma è vero in confronto all’arroganza di certo laicismo, che è solo anticlericalismo, tanto sufficiente quanto superficiale – quello, stranamente, cui papa Francesco indulge nelle sue performances. Queste enciclica fu divisata da Benedetto XVI, che poi rinuncerà al suo mandato proprio, disse, per le difficoltà che il mondo contemporaneo pone alla fede. Malgrado i riferimenti rituali, alla Luce, ai testi sacri, etc., è una enciclica che sancisce una incertezza. Che è altro dalla fede.
Papa Francesco, Lumen Fidei, Edb, pp. 72 € 2,20

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