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domenica 24 novembre 2013

Il terrorismo è come la peste, non c’è

Non si trova, non c’è. Cioè c’è, ma è di natura controversa. È il terrorismo iracheno secondo la Prima Corte d’Assise di Roma, che ha giudicato l’assassinio a freddo di Giuseppe Quattrocchi a inizio luglio 2004, nove anni fa, a Baghdad da parte delle Falangi Verdi o Brigate dei Mujahiddin. Ilaria Sacchettoni riferisce ilare la sentenza sul “Corriere della sera”, malgrado la trucidità dell’evento, e non a torto.
Il rapimento dei quattro italiani il 12 maggio 2004, e l’assassinio di Quattrocchi 58 giorni dopo, non furono opera di terroristi: chi lo dice che erano terroristi? Il terrorismo, d’altra parte, è come la Suprema Corte (la Cassazione, n.d.r.) lo definisce: l’uso della violenza che genera “panico, terrore, diffusa insicurezza”, e questo non avvenne: “È chiaro come, nel caso in esame, detta finalità non risulti dimostrata alla stregua degli elementi di prova acquisiti”.  Né fu un rapimento a scopo di lucro: non ci furono richieste di riscatto. E dunque: il rapimento e l’assassinio saranno stati un gioco dei sequestratori, che per questo realizzarono anche cinque video delle umiliazioni inferte ai sequestrati e dell’assassinio di Quattrocchi, e li diffusero tramite le televisioni Al Jazeera e Al Ahrabiya.
Ilaria non dà il nome di tale argomentatore, ma deve trattarsi di don Ferrante, quello dei “Promessi Sposi”, che come si sa è immortale. Don Ferrante è quello che, dovendola analizzare scientificamente, non trovava la peste.
Non per altro, per quieto vivere: “«In rerum natura», diceva (don Ferrante), «non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l’uno ne l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera»”.
Senza obiezioni possibili - le sentenze si rispettano, come sostengono altri augusti manzoniani: “La scienza è scienza”, diceva sempre quello dei “Promessi sposi”, “solo bisogna saperla adoperare”. Ma perché pagargli lo stipendio? Con l’auto blu, l’autista e il segretario? Il vero don Ferrante lavorava per il re di Spagna.

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