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domenica 8 dicembre 2013

Il Sud non esiste

Vito Teti non nasce italiano del Sud. Nasce, come tutti, italiano. È dopo che “si scopre” del Sud. Il suo approccio alla questione in questa narrativa storica dice tutto: il Sud è un problema socio-economico e un problema antropologico, di attitudini, e l’uno probabilmente si lega all’altro.
Già autore, vent’anni fa, del recentemente riedito “Origini del pregiudizio antimeridionale”, l’etnologo Teti si addentra, in un centinaio di pienissime pagine, nel pregiudizio quotidiano, corrente. Fatto di stereotipi, naturalmente, di abitudine più che di partito preso, ma anche di tanta perversa, interessata, volontà. Non fa fatica nella ricerca, deve semmai limitarsi – dalla sua prima indagine, 1992-1993, una “questione settentrionale” è stata imposta: il Nord vittima del Sud. Un esito che aveva anticipato nell’ampia introduzione due anni fa alla riedizione delle “Origini” (col titolo di passaggio “La razza maledetta”): il Sud sfruttatore del Nord, il razzismo di Miglio, la passione di Cristo a opera dei Bruzi – i calabresi di duemila anni fa. Ora può aggiungere la genealogia calabrese di Giuda: Giuda Iscaliota invece che Iscariota, di Scalea... Per questo il libro è gratificante, si legge come un racconto d’avventure. Una perla, anche rara: Teti si muove fra riferimenti sorprendenti – di cui purtroppo la bibliografia che correda il saggio non sempre tiene conto. Che saranno grate probabilmente agli stessi “nordici”.
Che dire dell’eterna questione? Chi è cresciuto al Sud come Teti negli anni 1950 - ma è vero ancora negli anni 1960 - fatica come lui a riconoscersi nel Sud dell’ozio, della pigrizia e del parassitismo. Oggi magari è vero, ma è l’Italia che ha portato il Sud a questo, con l’assistenzialismo invece della politica. Teti non lo dice, ma è la verità del suo stesso saggio: il problema del Sud è l’Italia. O il Sud stesso ma perché non sa confrontarsi con questa Italia sempre fuori fase: ora intromettente ora punitiva. La questione meridionale andrebbe infine vista com’è: un Sud dentro l’Italia, il “Sud” è nato con l’Italia.
Si può aggiungere, in parziale disaccordo, che la dieta mediterranea è ottima: tiene in buona salute e fa molti centenari – Teti non dia ascolto a “esperti” che le multinazionali del cibo confezionato telecontrollano. E che il meridionale è malinconico, pittoresco, conviviale, generoso, avido. Come il settentrionale – forse pure come lo svizzero. Il meridionale non differisce in sé dal settentrionale, sono due generalizzazioni. Ma, ecco, non ha la capacità-possibilità di “accumulo” che gli altri hanno, settentrionali e svizzeri. Nel senso tecnico del termine, dell’elettrotecnica: di intraprendenza, industriosità, applicazione, controllo. Ogni volta che ci prova trova gli spazi (il mercato) chiusi – il Sud è dentro un collo di bottiglia, avrebbe detto la teoria economica classica. Compreso l’ordine pubblico – eh sì, avendo visto nascere almeno quattro mafie nella Piana di Gioia Tauro negli anni 1960 si può testimoniare che esse sono l’effetto dell’ordine pubblico (carente – passivo, abulico, burocratico: le prime vittime di mafia dovettero cercare loro i colpevoli, loro le prove, e perfino i giudici che li condannassero, a nessun effetto a questo punto, la mafia aveva vinto, la violenza contro il possesso, non dei baroni, che non c’erano, nemmeno sull’albero, ma di chi l’aveva faticato).
Ogni esito era – è – impossibile al meridionale, a meno di non fabbricarsi “speciali” rampini. Dei quali invece può fare a meno se emigra. Magari non a Milano, dove prima o poi sarà scoperto colpevole, ma sì in Francia, Belgio, Inghilterra, Usa, Canada, Australia, e perfino in Svizzera. In Italia non ha possibilità di sfogo nemmeno a parole: se c’è un sistema baronale al Sud da almeno un paio di secoli è quello dell’opinione. Questa Italia – che poi è il Nord, e da una ventina d’anni è solo Milano - scrive il Sud, e gli fa anche da maestro di scuola. Nella filosofia esistenzialista, e a Roma, si direbbe: il Sud? non esiste.
Vito Teti, Maledetto Sud, Einaudi, pp. 131 € 10

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