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domenica 22 dicembre 2013

La bontà è breve

Gabriele Romagnoli e Dario Cresto-Dina coltivano il racconto breve e brevissimo. Quando erano giovani alla “Stampa”, concorrevano sempre lusinghieramente al concorso di “Achab” per il racconto in trenta righe. Che Ezio Mauro ha adottato nei tanti “nasi” – i riquadri – che infiorettano le pagine di “Repubblica”, più spesso spigolature ma anche narrazioni.
Romagnoli e Cresto-Dina privilegiano i casi umani. Gli ultimi sono la trentenne rumena sulle cui spalle gravano due figli adulti e un marito che “scrive saggi”, la quale ha lasciato i lavori domestici a 2.200 euro netti, al mese, sicuri, per fare quello che Checco Zalone dice di fare con successo a “Sole a catinelle”: vendere aspirapolvere, bussando alle porte. Ed è diventata la venditrice dell’anno del Folletto. Cresto-Dina racconta Arlan, che onora la tomba di Renato, un elettrotecnico morto fulminato, e di sua moglie Gemma, che “non ha retto al dolore”. Arlan è un ladro di rame, anche ai cimiteri, ma non importa. Sono due storie edificanti, di buoni sentimenti. E non sono un’eccezione.
Cioè sì: le storie edificanti sono un’eccezione. La cosa curiosa è che sono anche brevi: le storie edificanti sono brevi. Forse Romagnoli e Cresto-Dina riflettono “Specchio dei tempi”, la rubrica che Giulio Debenedetti aveva inventato cinquant’anni fa per umanizzare la cronaca torinese della “Stampa”. Ma anche in questa possibile matrice la cosa resta curiosa: non sempre lo “Specchio” era di cose edificanti, ma ne dava comunque la sensazione. Allora la cosa è vera allinverso: le storie brevi sono edificanti? La brevità è buona.

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