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martedì 22 aprile 2014

Mosca è bella come la Garbatella

Un idillio, “un’esperienza meravigliosa e fondamentale”. Mosca, poi, è ““una immensa Garbatella: un misto dunque di liberty e di Novecento, con pareti colossali e graticci di finestre. Spesso tuttavia con file di casette basse, ad un piano o due piani”. Ci sono grattacieli, “quegli «orrendi» edifici, condannati da Krusciov. Ma non sono insopportabili. Ispirano anzi della simpatia. Sono cose commoventi, come tutti gli sforzi degli umili per apparire grandi. Mosca è una città di contadini”.
Inviato per “Vie Nuove” al Festival della Gioventù a Mosca nel 1957, e poi ospite del Congresso degli scrittori, Pasolini non vede che anime buone. Passa in Russia in tutto tre settimane, dal 27 luglio al 16 agosto, tra Mosca e Odessa, con una delegazione di cui facevano parte il filosofo senatore Banfi, Sandro Curzi, Mario La Cava, e subito si disveste dei “vizi acquisiti in secoli di storia”, dei russi “pigri, complicati ed eccessivi come al tempo di Dostoevskij”, per testimoniare una società “veramente diversa”. Semplice, diretta, umile. Un’altra storia, senza più classi sociali, non sottomessa, come si dice, a una “classe dirigente”. I russi sono i contadini padani della domenica, naturali tra di loro come “i ragazzini nelle piazzette dei paesi”. L’aria è pulita, il cibo sano, i rumori naturali,  rapporti sinceri e solidali.
Sono temi che riprenderà in una sezione di “La religione del mio tempo”, la Russia contadina e antica, proponendosi di tratteggiarla “come un affresco degno delle feste del Maggio medievali, nello spirito del Decameron e dei Racconti di Canterbury””. Ma le corrispondenze sono ucompitino da letteratura del “disgelo”. La rivoluzione è ottima dopo la denuncia dei crimini di Stalin.
Pier Paolo Pasolini, Appunti di viaggio in Urss

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