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lunedì 15 settembre 2014

Il corpo è l’anima

Ritorna l’intuizione, il pensiero che non pensa, e ritorna la Einfühlung, l’empatia, il potenziale comunicativo. Una nozione che andava molto nella filosofia dell’arte a fine Ottocento, cui Edith Stein giovanissima tenta di dare un assetto, spinta dal suo maestro Husserl, all’età di 23 anni. Husserl ne aveva scritto, in una serie di appunti che la stessa Stein, sua assistente volontaria, trascriverà e editerà successivamente, poi inclusi nel secondo libro delle “Ideen”. Ma ne aveva nel 1913 un concetto  generico, di cui propose alla Stein, che gli chiedeva una tesi di laurea-dottorato, l’approfondimento.
Einfühlung era il termine prevalente e da ultimo adottato per il complesso di sentimenti, risentimenti e linguaggi che fanno la vita di relazione: memoria, ricordo, fantasia, radicamento, sensibilità, linguaggi, “un’esperienza vissuta originaria”, la dice Stein, “la quale non è stata vissuta da me, eppure si annunzia in me”. In alternativa, nei numerosi testi che Edith Stein prese in esame, si proponeva associazione, fusione, inferenza per analogia, co-sentimento (Mitgefühl), risonanza, comprensione (Erfassung).
L’assunto à semplice: l’anima è nel corpo. Così Husserl individua l’empatia in uno degli appunti del secondo “Idee”: “Il corpo proprio e la psiche formano una peculiare unità per l’esperienza”. È nozione anche di forte verità, per i linguaggi, le passioni, la stessa vita civile - il corpo non mente: si dice ed è vero. Ma è rimasta da allora inesplorata, anche se molto Heidegger in realtà vi confluisce. Resta centrale il “vissuto” di Max Scheler, attorno a cui Edith Stein con qualche riserva si aggira, e Bergson. Ripresa subito da Freud, l’empatia (anche “enteropatia”) è nozione centrale invece nella psicoanalisi, con una notevole bibliografia.
Meglio adattabile è infatti alla psicologia, che è l’assunto di Edith Stein. Il parlare è l’Io, “l’Io puro”- è il tema della parte Terza, la più ambiziosa. Anche se lo diventa in contrasto col “Tu” e col “Lui”. O sgranandosi col “flusso di coscienza”. Insomma l’anima – “l’Io puro” è inafferrabile, inconsistente. La “coscienza pura”. Finché non si arriva al corpo. La parte Terza ha il merito di ricordarcelo, se non di “risolvere” il concetto, di fissarlo.
Si ripubblica l’edizione Costantini del 1985 - con una nuova prefazione, di Angela Ales Bello al posto del padre Paolo Valori. Un’edizione che ha il pregio di dare un corpo anche alla futura carmelitana scalza, e quasi santa: Edith a Friburgo era procace e piacente, innamorata felice, fino a un certo punto, del bellissimo Hans Lipps, che però fece un figlio con un’altra. Si volle assistente di Husserl, seppure volontaria, col quale però non cessò di discutere – soprattutto del radicamento della fenomenologia nell’idealismo invece che nella psicologia, cui Husserl teneva e che secondo Stein non aveva senso. Dopo tre anni decise pure di lasciarlo, l’impegno essendo troppo faticoso, e lo fece. Sarà bocciata alla libera docenza da una commissione di cui era parte Heidegger, che la conosceva e al quale aveva chiesto il patrocinio.
Edith Stein, Il problema dell’empatia, Studium, pp. 288 € 21,50

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