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lunedì 30 marzo 2015

Primo Levi familiare – o della ragione

Si penserebbe una lettura superflua, a fronte delle biografie particolareggiate, se non esaustive, disponibili, Camon, Anissimov, Belpoliti, Ferrero, Mesnard. E della disponibilità dello stesso scrittore, in interviste, memorie, testimonianze. Una volgarizzazione a uso delle scuole. E invece è una lettura arguta. E un ritratto nuovo. Nuovo e noto insieme: un Primo Levi privato, come’era, specie nel micragnoso cafarnao letterario. E umorale e controllato, come ognuno di noi.
Sessi ce lo fa seguire negli studi e il lavoro, la famiglia, le amicizie, le occorrenze. Nella forma, di “un uomo dal corpo fragile e dallo spirito tenace”. Con la vergogna del sopravvissuto, il rovello di avere scampato la morte per un privilegio. Di avere collaborato, per la propria sopravvivenza, alla morte abietta dei più – “È compito dell’uomo giusto fare guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa è una guerra senza fine” (“I sommersi e i salvati”): la “zona grigia”, con cui Levi “mette in discussione anche e soprattutto se stesso” (Ferrero). E tuttavia un uomo soprattutto ragionevole, anche nella tragedia che furono i due terzi della sua vita - una ragionevolezza quale oggi non si riuscirebbe nemmeno a fantasticare.
Frediano Sessi, Primo Levi: l’uomo, il testimone, lo scrittore, Einaudi Ragazzi, pp. 157 € 10

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