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mercoledì 29 aprile 2015

Il lato debole di Camilla Cederna, il razzismo

Nell’adolescenza che si è ricostruita ne “Il desiderio di essere come tutti”, Francesco Piccolo ricorda di essere rimasto infastidito nel 1978 da questa Cederna, dall’accanimento, dall’affastellamento senza respiro di malevolenze. È improbabile, aveva quattordici anni - piace pensarlo un ragazzo come gli altri. Ma anche se retroattiva, la sensazione è quella: a una rilettura sembra tutto sguaiato e falso. Un classico della denigrazione. Condito dal disprezzo. Che è in realtà razzismo. Al modo sottile, inavverito forse tanto è connaturato, della Cederna (come di Bocca), dell’ironia che a stento copre – vuol far scoprire – la repellenza a pelle. “La” Cederna è una che, come tutti i lombardi, sta bene a Capri e a Panarea, anche a Pantelleria, ma i meridionali non li sopporta, se non per obbligo civico. Da qui il sarcasmo fuori misura, per ben 250 pagine fitte.
La stessa presentazione dell’editore suona imbarazzata alla rilettura. “Questo libro è nato da un amore profondo per la democrazia, i suoi organi, i suoi istituti, i suoi valori e persino i suoi simboli”, la scheda esordisce con le scuse. Dopo una copertina rispettosa, e anzi lusinghiera. La Cederna infastidiva tutti quanti – il ricordo è vivo di quando all’assemblea di redazione di “Repubblica” una mattina preannunciò l’uscita del libro, nel silenzio di Scalfari, lo sguardo ostinatamente fisso nel vuoto. Aveva i suoi lati deboli. E quando usciva dal pettegolezzo era spietata, senza freni.
Camilla Cederna, Giovanni Leone, la carriera di un presidente

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