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martedì 29 settembre 2015

La storia italiana alla Casa di Goethe

Le “attidudes” erano i quadri viventi cui lady Hamilton, née Amy Hart, indulgeva. Per la delizia dei maggiori pittori dell’poca, che gareggiavano a ritrarla: Tischbein, Angelika Kaufmann, Vigée-Le Brun, Reynolds, George Romney, Gavin Hamilton. “Emma Liona” regina di Napoli con Ferdinando IV, e più con la regina Maria Carolina, un’altra delle figlie sciocche di Maria Teresa d’Austria. Con la quale organizzò la controrivoluzione del 1799 e la condanna a morte di tanti begli spiriti, Luisa Sanfelice ed Eleonora Fonseca Pimentel tra gli l’altri. Celebrerà a letto l’ammiraglio Nelson eroe di Abukir, avviando poi un menage à trois. Fino al ritorno in Inghilterra, dove battezzerà l’utilma neonata Horatia, e finirà in miseria. 
Un’avventuriera e una donna di gran conto nella storia di Napoli e dell’Italia, di cui Napoli continua a disinteressarsi. Ha coinvolto persino Susan Sontag, che una trentina d’anni fa le dedicò una biografia romanzata, “L’amante del vulcano”. Ma né di lei né di suo marito, per trent’anni ambasciatore inglese a Napoli, si sa nulla. La Casa di Goethe a Roma provvede con un ricco catalogo, poiché le immagini di Lady Hamilton sono numerosissime. Coinvolgendo anche rinomati pittori tedeschi, tra essi Kauffmann e Tischbein – il vero titolare della “casa di Goethe”. Nonché Goethe, che restò affascinato dalle “attitudes” ancora prima di sapere che si trattava di lady Hamilton.
Una storia italiana anche per la mobilità sociale, a Londra impossibile. Figlia di un maniscalco, Amy, poi Emma, era stata a quindici anni l’amante morganatica, tra ballerina e serva, di un lord Fetherstonhaugh. Cui fece una figlia, Emma, che resterà affidata a una coppia senza figli ma le costò il licenziamento. Si legò allora con Charles Greville, che aveva solo il doppio dei suoi anni, figlio cadetto del conte di Warwick, e in tale veste rappresentante della contea ai Comuni. Diventerà l’ossessione di un amico di Greville, il pittore George Romney, che la ritrarrà poi per anni variamente - in almeno trecento pose - e contribuì con la sua popolarità a darle una nomea. Finché Greville, indebitato, provò a sistemarla tra i conoscenti. Ci provò anche con sir William Hamilton, suo zio, ambasciatore a Napoli: “Una compagna di letto più pulita e dolce non esiste”. L‘ambasciatore, vedovo, senza figli, invece se la sposò, nel 1791, lei di 26 anni lui di 55. Provvedendola anche di un’istruzione, con maestri di francese, canto, danza, musica e filosofia – quest’ultimo incarico fu assunto dall’arcivescovo di Taranto, Capecelatro.
La storia andò bene a Napoli. Anche col terzo incomodo Nelson. I tre fecero insieme il viaggio di ritorno a Londra, quando l’ambasciatore fu richiamato nel 1800. Ma a Londra Hamilton dopo pochi mesi, e Nelson, tornato in guerra, anche lui dopo poco tempo, nel 1805. La società londinese dapprima fu incuriosita, pettegola, poi trascurò Emma. Che consumò la piccola rendita di Hamilton al gioco e nell’alcol, e fini in miseria, a Calais, una mattina di gennaio del 1815.
Dieter Richter (curatore), Lady Hamilton: eros e attidude, Roma, mostra alla Casa di Goethe

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