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mercoledì 18 novembre 2015

In guerra con le donne

“Non sapeva spiegarsi come era là, per che ragione”. L’interventista Alvaro, arrivato al fronte, non è più lui: è smarrito, come tutti. Vi è arrivato comodo in treno, coccolato da donne sempre molto gentili, e appena sceso ha sentito “odore di carogna sul vento”.
Aveva passato anche qualche notte in cella, per eccesso di interventismo, ma appena arruolato l’allievo ufficiale Alvaro era tornato in camera di punizione per insubordinazione nei confronti del sergente istruttore: il futuro scrittore era impulsivo – come lo era stato in precedenza, con gli studi tormentati. Quando ne scrive, è invece improvvisamente maturo: posato, critico. Questo già nel corso della guerra - che lo aveva visto al fronte a lungo e ferito a un braccio - nelle “Poesie in grigioverde”, 1917. Di più in questi racconti, che culmineranno nel 1930 nel romanzo “Vent’anni” – un romanzo molto saggistico, che nella riedizione del 1953 Alvaro quasi dimezzerà. Ventenne, il più giovane ufficiale del reggimento, Nietti-Alvaro “era stanco delle poche cose torbide della sua vita, magari soltanto pensate, ed era divenuto adolescente e candido”. Di fronte alla morte ritrova senza vergogna l’innocenza.
Della guerra Alvaro è lo scrittore che forse ha trattato di più. In versi, in articoli di varia natura, in “Vent’anni”, in questa ventina di racconti, di cui una dozzina disseminati in varie raccolte, gli altri dispersi negli anni 1920 in quotidiani e periodici che Anne-Christine Faitrop-Porta ha rintracciato. Dove lo scandalo – la carneficina – è però la tela di fondo, l’immaginazione di Alvaro corre per altri livelli di sorpresa, di scoperta. In questi racconti si direbbero metafisici. In guerra come in pace, questo è il mondo di Corrado Alvaro, in cui ci si innamora di una voce, si discorre con un animale, si ascolta un albero”, con questa conclusione introduce la raccolta la curatrice, instancabile ordinatrice e studiosa del trascurato scrittore – uno dei migliori lasciti del Novecento, a ogni rilettura
La guerra di “Vent’anni” è incomprensibile e sporca. “Terrosa” la dice Anne-Christine Faitrop-Porta, riprendendo la recensione che subito ne fece sulla francese “Revue des deux mondes” Louis Gillet, storico d’arte e della letteratura - un compagno di studi di Péguy, sodale di Rolland, che in Italia giovinetto nei viaggi familiari era stato “fulminato dalla bellezza”. La guerra di questi racconti è femminile. Non materna, è lieve: misteriosa. Donne premurose lo accompagnano in treno e nelle soste, a Bologna e altrove. Infermiere. Prostitute anche, di guerra. E bambine cresciute dalla guerra, donne senza più padri né mariti.
Tutte il sottotenente-scrittore guarda di lontano, come un senso di vita febbricitante che fa lievitare lo squallore. E più per sguardi incerti, voci, canti, rumori, la vita indovinata della “stanza accanto”, della persona accanto. Il resto della vita fuori della trincea. La Rosa dell’omonimo racconto, che lo ospita in accantonamento, “piccolina, bionda”, appena sedicenne, ha un padre “che combatte dall’altra parte, con gli austriaci”. Rosa abita un un paese dell’Isonzo, i cui nomi sanno “di donne e di libertà”, perché la guerra, “a quelli che la cominciavano, aveva sentore di libertà e di donne”. Anche le donne di “Le strade fatte a vent’anni” hanno uomini dall’altro lato, qualcuna in Russia, tutte incinte con vergogna del “nemico”. Il nemico aveva molte facce etniche, non solo, ma è ambiguo, a volte siamo noi stessi.
Sono anche racconti di paesi di confine, caso unico nella memorialistica di guerra. Merito non minore di Alvaro è il riconoscimento dei dolori delle etnie di mezzo, gli sloveni che si ritrovano italiani. Che nell’ultimo racconto, “Felicità II”, così sintetizza. “Era anche questa una specie di guerra, perché si trattava di paesi di confine. Ed è curioso che alle volte le lotte di razza divengano facili da risolvere fra uomo e donna; e poi, da giovani”.  

Coronano da ultimo la raccolta due racconti di pace sui luoghi della guerra, protagoniste innocenti slovene, che in tre anni hanno dovuto cambiare lingua e patria. 
Corrado Alvaro, Memoria del cuore, Città del Sole, pp. 127 € 12

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