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sabato 7 maggio 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (285)

Giuseppe Leuzzi

Stefano Malatesta ricorda sul “Venerdì” il debutto da inviato nella diversità: “Quando abbiamo cominciato a viaggiare non andavamo verso il Nord Europa a imparare l’inglese: già lo sapevamo. Ci dirigevamo dalla parte opposta, dove si apriva il meraviglioso Mezzogiorno: terra incognita che nelle mappe leghiste sarebbe apparsa con la scritta Hic sunt Terrones”.

Non una vera scoperta, prosegue Stefano: “Gli ultimi padani a visitarla erano stati i Mille: quasi tutti carabinieri genovesi, borghesi bresciani, studenti bergamaschi, fiorentini e veneziani, più qualche romano e pochi siciliani, tra cui Crispi. Poi per cent anni l’ex Regno delle Due Sicilie era stato abbandonato  a se stesso, diventato italiano solo di facciata”. Una breve veridica storia dell’unità d’Italia.

Papà non è un francesismo – Lorenzo Tomasin sul “Sole 24 Ore” domenica 1 maggio. Non è  nemmeno un italianismo. No, appartiene ai dialetti del Nord. Al Sud il diminutivo per padre si dice “tata “. In quale Sud, illustre filologo veneziano?.
C’è il leghismo linguistico, e come tutti i leghismi si vuole ignorante. Ma perché cirubano anche il papà?

La foglia di fico è indizio importante. Adamo e Eva la portavano nel Paradiso Terrestre prima della Caduta.  Dunque il Paradiso Terrestre è al Sud, dove crescono i fichi.
Era, prima della Caduta?

Napoli
I giudici di pace lavorano a Napoli e Salerno per le assicurazioni. Cioè contro le assicurazioni.  Hanno il 68 per cento di tutte le cause per incidente stradale contro le assicuarazioni che si fanno in Italia.
Solo a Napoli, i fascicoli aperti a metà 2015 erano 265.483: più di quanti erano pendenti in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Umbria, Sardegna, Basilicata e Molise messi assieme. Quasi 17 denunce per incidente stradale ogni 1000 abitanti.

La Campania ha 652 avvocati ogni 100 mila abitanti, secondo la European Commission for Efficiency and Justice: cinque volte la media dell’Unione Europea, Campania compresa, che è ferma a 127. Le assicurazioni sono il maggior datore di lavoro della Campania.

No solo il record delle violenze sugli amministratori locali, anche le intimidazioni vedono il Sud all’avanguardia: insulti verbali, lettere minatorie, scritte sui muri. Servizio Pubblico ne ha censite oltre duecento in Sicilia nel 2014 e 2015. L’isola è seguita a ruota dalla Puglia e dalla Calabria.
La classifica in realtà non dice nulla di nuovo, se non che la Campania non c’è. La Campania si astiene dagli avvertimenti – fa sul serio?

Grande sfoggio di Resistenza per il 25 aprile a Napoli, che fu liberata dagli Alleati. Con l’arroganza di rito, giudicando e respingendo chi non è o non è stato abbastanza resistente. Sembrerebbe  ridicolo, avere le pezze al culo e irridere di questo il prossimo, ma Napoli è sempre piena di sé.

Essere pieni-di-sé in un mondo pieno di odio-di-sé, dovrebbe essere una dote. Ma qualcosa non quadra. Forse che Napoli non si glori di qualcosa di buono. Anche solo, magari, di canzonette – ha abbandonato anche quelle.

Il presidente Ciampi, col concorso, è vero, di Bassolino, avevano mutato volto alla città – e anche a Caserta, alla reggia e al parco. Napoli sembra pulita, e anche molto viva, la gente interloquiva orgogliosa. Ma è bastato poco, che Ciampi passasse la mano, ed è sprofondata nell’immondizia e la scellerataggine.

Dov’è l’illegalità a Napoli? All’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Autofinanziato, ma non in toto. Definanziato dalla milanese Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione, che deviò i fondi sul progetto Umanesimo e Cultura di un salumificio lombardo. Indebitato. Sfrattato – Carlo Vulpio racconta su “La Lettura” che i 300 mila volumi della biblioteca sono stivati “nei sotterranei umidi di Palazzo Serra di Cassano, in un capannone industriale di Casoria, nell’ex manicomio «Bianchi», e nell’Istituto professionale per ciechi «Colosimo»”. Ma questo si legge su “La lettura”, la città ne sa poco o nulla.

Nel 1973 il mondo era in ambasce per la crisi del petrolio e la guerra del Kippur (giravano atomiche), Napoli per il colera. C’è un destino nelle cose?
Lo storico Barbagallo apriva su questa coincidenza vent’anni fa “Napoli fine Novecento”. Perplesso.

La mafia dell’antimafia
Si processano per associazione mafiosa in Sicilia i protagonisti più in vista dell’antimafia. Antonello Montante, presidente delle Camere di commercio dell’isola e delegato della Confindustria alla legalità. Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere, nonché della Camera di commercio di Siracusa. Pino Maniaci di Telejato, giornalista di Partinico che spadroneggiava per procurare favori all’amante e si inventava attentati mafiosi per avere la scorta, che invece erano storie di corna.
L’antimafia è il punto dolente della lotta alla mafia al Sud. L’uso delle leggi e spesso anche dell’apparato repressivo a fini personali e di guadagno. A opera di soggetti meridionali, ma con la copertura dell’apparato repressivo, forze dell’ordine e giudici, che è nazionale. I tre casi siciliani non sono eccezionali e non sono di oggi.
Fin dall’origine l’antimafia di professione, politico-industriale, è stata inquinata dalle mafie. Era il caso in Calabria trent’anni fa, anche quaranta, quando un onorevole Frasca, socialista, faceva convegni e raccoglieva voti con i fratelli Mammoliti, la mafia di Castellace. Molti dei pentiti di mafia sono stati mafiosi in esercizio. Ancora in Calabria, se ne censirono 28 per accusare Giacomo Mancini, che un Procuratore della Repubblica avallò e poi al processo si scoprirono fasulli – si fecero scoprire fasulli, rovinando l’apparato giudiziario dopo l’esponente socialista. Molti mafiosi fanno finta di pentirsi, a danno magari dei propri nemici, o evidenziando colpe minori, per restare in qualche modo in possesso dei beni – come è il caso sempre dei Mammoliti in Calabria.
L’antimafia sarebbe molto semplice: è anzitutto un problema di ordine pubblico. Si sa chi commette i reati ma non si interviene. Se non dopo trenta-quarant’anni, quando il danno è irreparabile. Economico, fisico, eccetera, e soprattutto morale: perché esporsi a nessun fine? L’omertà è solo disprezzo dell’apparato repressivo, nessuno vuole bene ai delinquenti – ladri, grassatori, assassini, rompicoglioni.

Il Sud è mentale
La scoperta del Sud, cui Stefano Malatesta si disponeva cominciando a viaggiare, o a viaggiare per lavoro, resta ancora da fare. Non sembrerebbe possibile, tanti sono i libri di viaggio al Sud e sul Sud.  Ma sono viaggi mentali. Anche effettuati fisicamente, con i disagi e le fatiche di ogni viaggio. Anche con attenzione, senza pregiudizio – purtroppo non senza stereotipi: la donna del Sud, l’omertà, la corruzione. Ma non ci sono libri di viaggio al Sud illuminanti. Zanotti Bianco sì, Isnardi, ma i loro non sono libri di viaggi – di Danilo Dolci si è perso pure il nome. Omesso il pittoresco, e ora le mafie, non c’è nessun Sud.
Il viaggio mentale si fa per di più dentro un Sud che è immaginario. Si può dire, benevolmente, che il Sud non esiste più se non nell’immaginario di viaggiatori e osservatori non molto interessati alla cosa. È di questa irrealtà che fa parte la camicia di forza dell’antimafia, che si lascia irretire da profittatori e furbastri.

leuzzi@antiit.eu

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