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domenica 22 maggio 2016

La Repubblica a mezzadria, tra Fanfani e Pannella

Una storia breve della Repubblica dovrebbe essere questa. Metà delle cose che la tengono ancora in piedi le ha fatte Fanfani, l’altra metà Pannella. I due è come se si fossero dati idealmente il testimone con il referendum contro il divorzio, che Fanfani volle nel 1974 e Pannella vinse, comodo, 6-4.
A Pannella si devono il divorzio, l’aborto, il nuovo diritto di famiglia, l’obiezione di coscienza e l’abolizione della leva obbligatoria, la legge Merli sugli scarichi, la cooperazione allo sviluppo, i diritti degli ammalati, i diritti dei carcerati. Non è riuscito a liberalizzare, specie le professioni, ma ci ha dato molto dentro. E non è riuscito a riformare il diritto e le procedure penali, ma nessuno ci riesce – i giudici sono massa inerte.
A Fanfani si devono, come è noto, le opere infrastrutturali: la riforma agraria coi piani verdi, il piano casa e il piano Ina-case (alloggi popolari), i rimboschimenti, le autostrade, la Rai, i vituperati Enti economici, che ogni anno pagano al Tesoro una decina di miliardi di dividendi, l’edilizia popolare, la scuola media unificata, il centrosinistra, il centrodestra, il quoziente minimo d’intelligenza per i diplomatici, che ne erano privi, la moratoria nucleare, la nazionalizzazione dell’elettricità, seppure a caro prezzo, le regioni, idem, la direttissima Roma-Firenze, il referendum popolare, gli opposti estremismi, e i dossier, di cui montò il primo, lo scandalo Montesi, contro il venerabile Piccioni. Fino all’infausta austerità, coetanea del referendum contro il divorzio.

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