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lunedì 25 luglio 2016

Ruby al ballo delle debuttanti, all’Opera di Vienna

“Tony Pagoda” Sorrentino ha trovato la sua cifra, dopo l’esordio nel romanzone “Hanno tutti ragione”- poi filmato come un “Cabaret”, e la differenza con l’originale si pesava. Sorrentino, che intanto maturava film d’autore, “La grande bellezza”, l’ancora più complesso “Youth”, si abbandona all’umore malinconico. Meglio, riflessivo. Quello del grand reporter, giornalismo d’autore o narrazione del reale. Dietro il sorriso: di compatimento, di amicizia, di desiderio, del giudizio, del caso che sempre ci mette la zampa, soprattutto nelle avventure sentimentali. A proposito dello spettacolo anzitutto, della vita della gente di spettacolo, che più lo alluzza, anche negli ultimi impegnativi film. Berlusconi “Fabietto” in improbabile visita di Stato a Pyongyang – ma ritratto realisticamente come l’orfano, o la vittima, del padre, quello che non è mai cresciuto. Le stesse olgettine, Ruby in prima fila, proiettando pietoso sul loro pallido palcoscenico. Ma di più su una serie di esistenze prese dal reale, gli amici Maurizio Ricci e Jacopo Benassi (“Tonino Paziente”), Maurizio Costanzo, Venditti, Lavezzi. Silvan, le “vecchie glorie” Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi”, Stromboli, l’hostess di trent’anni prima – ma quanti anni ha vissuto Sorrentino, forse non tutto è cose viste? “Ettari di volgarità e tenerezza da raccontare”.
Su tutte un velo di rivoltata ma sempre giudiziosa malinconia. Per la nostalgia anzitutto della “vera vita”, del non essere cresciuto. Costante è il ritorno, con “Fabietto” e con gli amici, ai “famosi ragazzi senza pensieri”, che sapevano ridere, di nulla: “Siamo stati un candore. Siamo stai uomini senza scopo. Siamo stati la vita che si lascia vivere”. O della “inutilità” come “grandissimo vanto”. Per il disagio nel mondo della parvenze, che è il suo: dello spettacolo. “Si trova un pubblico per ogni cosa”, la più triviale. O la modernità che sempre più rapidamente consuma se stessa: “Si cattura a brandelli. Di fretta”, un motivo, un fotogramma, una frase, “niente per intero, le frasi tutte sconnesse, incomplete”.
Ma una predica non minacciosa. In una vena surreale, scorrevole. Con chicche da antologia. Ruby al ballo viennese delle debuttanti – 40 mila euro per farsi notare ogni due minuti un paio d’ore in un palco all’Opera, smanazzata da ovvio pingue miliardario – “le donne di Berlusconi, senza saperlo, stanno morendo di vecchiaia”, sono giovani vecchie, che non  vivono la loro giovinezza. Enzo Paolo Turchi e Carmen Russo che”non hanno figli, ma possiedono ventotto cani”. Maurizio Costanzo, che sa essere “un ammiratore degli altri”. E la “grande bellezza” di Roma, di “una straordinaria città morta”. Straordinaria per l’integrità: “È l’integrità del cadavere il grande miracolo estetico e mistico di Roma. Essa non conosce il degrado del corpo”. E poi: “Per sentieri vivi, non bisogna forse ossessivamente relazionarsi con la morte?” O anche: “Una città che è sempre una novità per la semplice ragione che la morte è sempre una novità”.

Paolo Sorrentino, Tony Pagoda e i suoi amici, Feltrinelli, pp. 158 € 7

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