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mercoledì 27 luglio 2016

La corruzione è del giornalismo

Che la Rai sia un trojajo tutti lo sanno ma nessuno lo dice – “Repubblica” s’illustra perfino a minimizzare oggi lo scandalo. È il problema numero uno: la corruzione è diffusa tra i giornalisti – se non oggi domani, una consulenza, un programma, una pingue comparsata a settimana, un commento autorevole arriverà.
Un tempo il giornalista era come il funzionario della Banca d’Italia o del Tesoro, come il notaio, come giudice, uno che faceva professione d’incorruttibilità. Ora non più, e più di tutto alla Rai.  Che paga con le tasse che esige, direttamente.
La prima e maggiore casta è la Rai: è nel Raiume che si è inventato il “sottogoverno”. È anche la più nota, esposta bene in vista, e privilegiata. Ma non figura tra le caste dei giornalisti e gli editori specializzati in caste.
Si tenta anche di “coprire” lo scandalo: le retribuzioni, si dice, sono quelle del mercato. Ma Berlusconi paga la metà e anche un terzo della Rai.
Ora non si può non parlare delle retribuzioni megagalattiche di nullafacenti. Cifre spregiudicate e avvilenti. Ma siamo qui ancora nell’ordine del mezzo miliardo di lire, che è la mazzetta “normale” per i giornalisti. Una mancetta per il Raiume. Sono invece milioni di euro, decine di milioni, decine di miliardi di lire, le uscite per agenti, procuratori, produttori, e perfino servizi tecnici. L’outsourcing alla Rai, i servizi esterni, incontrollati, costano mediamente più delle produzioni interne. Per le quali dirigenze, professionalità e maestranze vengono retribuite ma non fatte lavorare.
Questa è una mafia vera. Prova ne sia che non se ne parla: l’omertà è qui ferrea. Nel disinteresse peraltro dei Pignatone e Prestipino, che la mafia hanno importato a Roma. Della Corte dei Conti, Del ministro del Tesoro salda i conti.

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