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domenica 3 marzo 2019

L’Inquisizione malata di eresia

Bernardo Gui, frate domenicano “inquisitore della eretica pravità” a cavaliere del Trecento, prossimo divo della fiction “Il nome dela rosa” in tv, era giudice preciso, e redasse un manuale di tecnica inquisitoriale a uso degli altri addetti. Di lettura agevole – il manuale è molto ben tradotto dal latino, da Michela Torbidoni. Con una dotta introduzione di Marcello Simoni, l’archeologo e bibliotecario di Comacchio di Ferrara, primatista di fantasy storica.
Gui è accreditato di molta sapienza, da Eco nel “Nome della rosa” come personaggio romanzesco e altrove come dotto, e dallo stesso Simoni. Ma l’interrogatorio che propone dei valdesi, per esempio, di come come il valdese articolerà le sue risposte per sfuggire al castigo, è esemplare del giudice-boia: la professione di inquisitore che delinea in controluce è dello sbirro che si vuole anche giudice. Con esito non diverso, a lettura fatta, del senso comune: non c’è inquisitore buono. Se non nel senso più generale che l’Inquisizione è l’istituzione che ha “salvato” la chiesa, ne ha difeso e imposto l’Auctoritas, anche quando meno ne aveva o ne era degna.
Lui stesso a un punto, spiegando le strategie da tenersi contro i valdesi, gente colta e quindi sofisticata, dice non volendo l’insostenibilità dell’Inquisizione quale veicolo e custode della verità: “Poiché gli eretici non hanno possibilità di difendersi facendo ricorso al potere, all’autorità o ad argomenti razionali contro la verità della fede, devono servirsi di sofismi, discorsi ambigui e scappatoie”. Segue un prontuario dettagliato di sofismi, che pertengono però anche all’Inquisizione – forse dei valdesi, di sicuro dell’Inquisizione.
Il “Manuale” è diviso in cinque parti. Qui è proposta la quinta, che sintetizza le diverse pratiche e psicologie delle sei confessioni-professioni ereticali maggiori – e le tecniche per vincerne le resistenze: manichei, valdesi, pseudo-apostoli, beghini, giudei “relapsi”, maghi – più un breve cenno allo “scisma dei greci”. I giudei “relapsi” sono i battezzati pentiti, quelli che poi saranno in Spagna i “marrani”. I “beghini”, o “poveri fratelli di penitenza” del terzo ordine francescano, erano chiamati a Roma della “chiesa carnale”, ma erano e si volevano francescani estremisti, spiritualisti, legati all’elemosina, il papa con la sua pompa era per loro l’Anticristo. Gli pseudo-apostoli di Gherardo Segarelli di Parma, e poi di fra’ Dolcino da Novara, figlio naturale di un sacerdote, arrestato con una convivente di nome Margherita, erano invece del parere che “unirsi sessualmente con una donna sia cosa che, più di ogni altra, farebbe resuscitare i morti”. Ma è l’unica facezia, non voluta, dentro la nera copertina - Segarelli di suo, va aggiunto, nomen omen?, esercitava la continenza dormendo nudo tra le donne.

Bernardo Gui, Il manuale dell’Inquisitore, Newton Compton, pp. 189, ril., € 5,90

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