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venerdì 8 marzo 2019

Un paese di immigrazione

Se ne tratta come di un’emergenza e una novità, ma se ne può già fare la storia: l’Italia è un paese d’immigrazione, stabile. Colucci ne ripercorre gli sviluppi “dal 1945 ai giorni nostri”, ma il fenomeno è più recente, degli anni 1970, e quindi anche molto rapido, si può dire affrettato oltre che nuovo e inatteso. Questo contribuisce a recepirlo come una “aggressione” - anche per la tratta disumana che se ne è instaurata da un quindicennio ormai nel canale di Sicilia. Ma risponde a una domanda sempre più vasta e sollecita. Dapprima di servizi domestici e accudimento, e di bracciantato-manovalanza (edilizia, fabbrica). Poi di operai. Ora anche di cervelli. In aggiunta alla domanda sempre forte dell’economia criminale – una domanda in Italia più forte probabilmente rispetto agli altri paesi europei.
Si è cominciato con i filippini e gli africani (Somalia, Eritrea, Capo Verde) per i servizi domestici, gli ebrei russi in transito verso il Nord America per il piccolo commercio, i nordafricani (tunisini, marocchini) della legione sterminata degli ambulanti, di merci contraffatte, allora prodotte in area napoletana, e gli asiatici, egiziani compresi, della ristorazione, tra pizzerie e kebab. Poi di varie provenienze e specializzazioni: braccianti e allevatori (nordafricani e asiatici), manovali nell’edilizia e in fabbrica, presto imprenditori in proprio nelle attività più faticose e meno salubri, concerie, fonderie (nordafricani e est-europei, specie rumeni, albanesi e ex jugoslavi), stagionali in agricoltura (africani). Più naturalmente la prostituzione (da Nigeria e Sud America), lo spaccio (nordafricani), e ora perfino l’elemosina (africani).
Colucci, storico all’università della Tuscia a Viterbo e all’Orientale di Napoli, documenta statisticamente l’immigrazione. E analizza le forme istituzionali e sociali di recepimento del fenomeno. Una storia non si saprebbe dire quanto più necessaria, eppure anch’essa “straordinaria”. E questo introduce a quella che è la vera mancanza, o colpa, dell’immigrazione: un’opinione pubblica distratta, o allora scandalistica, e anzi facinorosa, anche quando piange gli annegati nel canale di Sicilia o dice di difendere l’accoglienza. L’unico reportage sulla prostituzione dalla Nigeria è del “New Yorker”, della prostituzione nigeriana in Italia. La “distrazione” peraltro non si limita all’immigrazione.  
Di fatto, il quadro che Colucci traccia è tutto sommato responsabile e aggiornato, malgrado le speculazioni anti-immigrati dei due cicli politici della Lega, con la legge Bossi-Fini del 2002 (che di fatto normalizzava l’immigrazione, con una sanatoria…), e i tweet di Salvini oggi. La legge Martelli introduceva già nel 1990 un quadro di accoglienza aggiornato e ragionato – che la Turco-Naplitano affinava nel 1998. Semmai, si può aggiungere, il Pd che non ha osato votare lo ius soli l’altro autunno - il diritto per chi è nato in Italia, dove verrà educato e accudito, e lavorerà, anche se di genitori stranieri immigrati, a essere automaticamente iscritto all’anagrafe quale cittadino - ha pagato caro in primavera al voto questa presunta prudenza.
Un italiano su dieci è oggi immigrato, recente. Gli “stranieri residenti” sono cinque milioni e mezzo, il 9,2 per cento della popolazione. Aggiungendovi un milione di stranieri naturalizzati (extra Ue), la percentuale di stranieri residenti di prima e seconda generazione è l’11 per cento della popolazione. Una presenza che è essa stessa una “informazione”: l’informazione professionale, attraverso i media, è carente, se non è scandalistica, a partire dalla Rai che non sa andare oltre le fratellanze universali, e il cosiddetto “uomo della strada” ha difficoltà a orientarsi, ma che che questi stranieri ci sono e ci debbono essere lo vede e capisce da solo.  
Michele Colucci, Storia dell’immigrazione straniera in Italia, Carocci, pp. 243 € 18

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