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sabato 20 luglio 2019

La scoperta della Nigeria


Si scopre, dopo cinquant’anni, che c’è in Italia una mafia nigeriana attiva. Nella prostituzione, nello spaccio al minuto, nel traffico di uomini, soggetti a pizzo e soprusi, e nel commercio ambulante, sulle spiagge, nella aree turistiche e attorno ai mercatini. Lo scopre la Procura di Bologna in Emilia, Lombardia e Pimonte – non in Toscana, non nel Lazio,dove pure è più fiorente. Grazie a un pentito. Che ha fatto scoprire pure la “bibbia dei clan, un libro di regole e rituali”, dicono gli inquirenti soddisfatti.
Se non è scritto, confessato da un pentito, il crimine non esiste? Lo spaccio è pubblico, con giovani che vi sono avviati magari per non avere pagato – non si paga mai abbastanza - il viaggio cosiddetto della disperazione. I boss nigeriani dello spaccio minuto sono noti a tutti i grossisti calabro-siculi del settore, pagatori inappuntabili, ma non alla polizia. Così come quelli del commercio ambulante a tutti i grossisti campani. La prostituzione è pubblica da almeno mezzo secolo. Con un traffico ben noto agli abitanti di Prati a Roma, a via Terenzio, al consolato nigeriano, di documentazioni virtuose per le donne. E un arrolamento pubblico, con tanto di avvisi commerciali, a Kano e in altre città nigeriane, documentato dalla stampa americana.
Ma come fa – qualche aspetto ancora non è conosciuto – una mafia nigeriana a prosperare in Italia, paese non finitimo e anzi lontano qualche migliaio di miglia? Dove si arriva solo con l’aereo e col visto regolare? Questo si saprà fra cinquant’anni, che c’è un commercio di visti?

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