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domenica 19 gennaio 2020

Conte levantino a Berlino

Con garbo e diligenza la Germania ha organizzato infine un vertice mondiale sulla Libia. Senza possibile risultato, poiché i due contendenti per il potere in Libia, l’eletto Serraj e l’autoeletto “maresciallo” Haftar, sono solo i paraventi di due schieramenti islamici opposti, quello Turchia-Qatar, o della Fratellanza Musulmana, e il fronte Egitto-Emirati-Arabia Saudita. Una situazione alla “Lawrence d’Arabia”. Aggravata dal fatto che sia Serraj che Haftar devono comunque fare capo alle tribù.
L’Europa a questo punto può poco o niente. Come Serraj ha spiegato: “Non ha affrontato le sfide in Libia, sebbene alcuni paesi abbiano relazioni speciali con la Libia, e anche se siamo vicini e abbiamo molto interessi comuni”. Perché, si sa non da ora, la diplomazia senza la forza è musica senza orchestra. Ma può alleviare le ostilità con la cooperazione economica.
Il vertice tedesco si segnala per la professionalità soprattutto rispetto a quello organizzato di nascosto da tutti da Macron a Parigi nel maggio 2018. Con la firma di una pace che nessuno dei due contendenti libici pensava di onorare e ha onorato. Mentre l’Italia di Conte si distingue per aver voluto sacrificare il suo ambasciatore a Tripoli, Perrone, reo di aver gestito gli interessi italiani con acume, e di essere quindi inviso ad Haftar. E per gli abbracci esibiti, calorosi, ripetuti per  le tv, di Conte ad Haftar. Un Haftar ritroso. Una scena di levantinismo. Esilarante, non ci fosse la guerra civile di mezzo: fare il levantino con un levantino nato?
Haftar è stato di molte bandiere.  Anche spia una ventina di anni fa della Cia, che gli fece avere la cittadinanza americana, contro Gheddafi.

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