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lunedì 3 febbraio 2020

Apologo cinese dell’ex-import

Si poteva leggere sul “Sole 24 Ore” qualche tempo fa, non molto, una storia istruttiva  delle triangolazioni che dovrebbero moltiplicare la ricchezza mondiale con gli scambi, e di dazi e controdazi che vi si frappongono, con varia ragione.
Napoli punta a ritornare la porta dell’Oriente, spiegavano Micaela Cappellini e Vera Viola, e sperimenta due rotte nuove, oltre a quella marittima tradizionale. Una via terra dalla Cina: ma “il treno ha impiegato 23 giorni contro i 21 della nave tra Shangai e Napoli”. E una a metà su rotaia, fino a Poti sul Mar Nero, e a metà su nave - con risultato, sembra di capire, ancora più insoddisfacente.
Ma non è il trasporto il cuore dell’affare. Le rotte via terra sono la novità della nuova Via della Seta che la Cina vuole adottare per intensificare gli scambi con l’Europa, ed è giusto sperimentare. Se non che la sperimentazione è stata fatta con vagonate di concentrato di pomodoro. Dunque, è ufficiale: Napoli importa il concentrato di pomodoro dalla Cina.
Ma non tutta la storia. Napoli non è contenta: il concentrato cinese arriva senza dazi, la polpa e pelati napoletani di pomodoro sono tassati all’arrivo. Per scoraggiarne la vendita? Ma no, perché sono prodotti di lusso, il “made in Italy” eccetera.
Non è una fantasia - la Cina non è una fantasia. Succede per i pomodori di qualità come per le altre produzioni: quando e dove la Cina non è in grado di soddisfare la domanda interna, non vuole che altri rubino la piazza. Elementare.

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