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lunedì 9 marzo 2020

Mamma Germania

Barthes fa meraviglie d’“un gesuita meraviglioso, Van Ginneken”, che “fonemi lattei poneva tra la scrittura e il linguaggio”. S’impara a parlare, a scrivere, a essere, col latte materno? Un Van Ginneken gesuita è esistito, e dal 1925 fino alla morte, nel ‘54, lavorò a una teoria biologica del linguaggio, dice la biografia. Era un femministo, inventò le Dame di Nazareth, suore laiche che ora si dicono del Sacro Calice, o Graal, per creare col talento femminile un mondo nuovo.
Qui è diverso: la “lingua materna” di cui Hannah Arendt tesse l’elegia, in un’intervista del 1964 alla tv tedesca, è il tedesco. Un’avocazione, di lingua e di cultura, sorprendente, e anche ambigua. Vale per per H.Arendt come per Celan e Nelly Sachs, perseguitati per essere ebrei, benché tedeschi o tedescofoni: il tedesco resta la Muttersprache, lingua materna, per i sopravvissuti e i morti, non solo per Hannah Arendt. E dunque la storia non c’è?
Ma l’intervista si ripropone perché è un atto di onestà – un po’ come Primo Levi si poneva nei confronti della Germania: la lingua, la cultura, sopravanza la storia. 
Il sottotitolo, “La condizione umana e il pensiero plurale”, è un po’ la sintesi del saggio introduttivo di Alessandro Dal Lago, che ha curato il volumetto: il “mito illuminista” è “tragedia o farsa”, senza “memoria culturale” Robinson non esiste. Arendt va oltre. Gli intellettuali “non erano assassini. Erano persone che si erano prese in trappola da sole”. L’imparzialità è in Omero anche in favore degli sconfitti, e in Erodoto anche per i barbari.
Alla conversazione è allegato un saggio intitolato “L’atto originario della filosofia politica è lo stupore”. Titolo editoriale da Jeanne Hersch - di cui però non c’è menzione - per un testo presentato come “ampio estratto” di una conferenza del 1954,  “Concern with politics in recent european philosphical thought”. Pieno di spunti, su Hegel, il nichilismo, l’esistenzialismo. E di un ritornello – che tornerà in altre opere di H.Arendt: la filosofia politica è lasciata ai cattolici, gli unici capaci di risvegliare un interesse per i problemi classici della filosofia politica. Ciò perché, fino a un certo punto, “sono ciechi di fronte alla storia”. Ma anche perché è “nella storia della Cristianità” che “la nozione di società universale (nelle diverse forme della civitas dei) sorse per la prima volta”.
Hannah Arendt, La lingua materna, Mimesis, pp. 114 € 10

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