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venerdì 14 agosto 2020

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (433)

Giuseppe Leuzzi

“Camorro” è persona fastidiosa in toscano – parola desueta ma la riporta Fucini nelle “Veglie di Neri”, p. 90. Un significato che attesta ancora “camurria” in siciliano – in Camilleri e nella parlata comune (“camorra” è spagnolo per lite, zuffa). Ora mitizzato da Sky e i Carabinieri. 

“Alta Velocità al Sud”, “Da Roma a Palermo galleria sotto lo Stretto”, “Cantieri al Dud”, non manca mai il Sud nelle allocuzioni del duo pugliese, levantino?, Conte-Casalino. Ma la notizia è questa: “Ripartono i cantieri. Alta Velocità subito al Nord. Firmati i contratti per la Verona-Padova”. Cioè, il Sud è imbecille?
 
C’è, in un paio di racconti “toscani” di Renato Fucini tra le “Veglie di Neri”, qualcuno che arrivando dal Nord dà “in giro un’occhiata di sgomento”. Giungendo in borghi isolati ma pur sempre meta nella buona stagione di “villeggianti a popolare di festose brigate la dolce malinconia dei colli toscani”.
Lo spaesamento in chi viene dal Nord si connota di superiore delusione. Già negli anni delle “Veglie”, 1870.
 
Nel decreto del governo Conte del mese di agosto sono previsti incentivi per chi mantiene o crea lavoro al Sud. Il decreto non è ancora precisato, ma l’onorevole Maurizio Martina è preoccupato: non vorrebbe che si creassero risentimenti al Nord. Martina era il segretario del partito Democratico prima di Zingaretti. Si capisce che il Pd fosse sotto il 20 per cento. Alla pari con Salvini.
Si dividevano il Nord? No, Salvini al Nord prendeva di più. E anche al Sud.
 
Il problema del Sud è il Nord
Fra i politici ricchi (parlamentari e consiglieri regionali) che hanno chiesto il sussidio Covid non ci sono i meridionali. Sciascia direbbe che la “linea della palma” è salita fino alle Alpi. Ma si è tagliata la coda?
Il problema del Nord è il Sud, ma il problema del Sud è il Nord.
Non si risolve la questione meridionale in Italia – solo in Italia, fra tutte i paesi del mondo in un cui un’area è economicamente depressa – perché il Nord è fatto così, avido e presuntuoso.
 
Il razzismo è involontario
Una “vergogna nazionale”, e “il pericolo manifesto di espansione e di contagio per le altre province d’Italia” Renato Fucini sente di dover minacciare da Napoli – siano a fine Ottocento. Da dove pure scrive cronache non prevenute. Invitato in città, dove conoscerà Giustino Fortunato, da Pasquale Villari. Le corrispondenze sono per la “Rassegna settimanale” fiorentina di Franchetti e Sonnino, molto attenti al Meridione, poi (1877) confluite in “Napoli a occhio nudo”. Il rifiuto è a pelle, malgrado i buoni propositi. Quando la differenza è pregiudiziale – razzista. Fucini aveva contatti e strumenti per capirne di più, e li ha utilizzati, ma non è suo agio: il razzismo è per i più involontario, risponde a un pregiudizio ambientale – l’effetto Lega.
 
Il tunnel – il Sud - è una sciocchezza
Ultimo venne Conte con la novella del tunnel nello Stretto di Messina. Che dovrebbe correre, fa sapere l’ufficio stampa di palazzo Chigi,  fra 200 e 300 metri sotto il livello del mare, dato che lo Stretto è profondo fino a 250 metri, e il tunnel sottomarino deve avere una solida copertura terrestre sopra il capo – il tunnel sotto la Manica corre a 50 metri sotto il fondale.
Non c’è da preoccuparsi, è una delle battute con cui si riempie il vuoto del Sud. Si vede che bastano per raccogliere voti al Sud, e questo è preoccupante, anzi è agghiacciante - equivale a dire che il Sud è il Sud, un mondo di scemi, e non ne parliamo più. Ma, giusto per potesi, è un tunnel che dovrebbe partire, dalla parte della Calabria, da Gioia Tauro, per arrivare alla profondità di 300 metri sotto il mare a Punta Pezzo (Villa). Oppure partire da Locri- Gioiosa Jonica, perforando l’Aspromonte, seppure in discesa, ma questa soluzione non lascerebbe in sospeso il problema: con chi collegare il tubo, con quale Alta Velocità? A meno che non si pensi di collegarlo alla rotta dell’antica Magna Grecia, ora riaperta dai barconi turchi coi migranti dall’Asia.
Sul versante siciliano, il tubo dovrebbe rispuntare verso Milazzo. Oppure, volendolo indirizzare verso Catania, risalire gradualmente sotto i Peloritani, le montagne di Messina.
La cosa si può immaginare di Casalino, il brain washer di Conte, e cioè una battuta come un’altra per tenere l’attenzione attorno al suo Capo, per due o tre giorni. Il Ferragosto è difficile da riempire, si può capire. Ma al Sud è presa sul serio. E comunque non c’è altro.
fa, perché lo Stretto è fortemente sismico.
 
Il leghismo, la fine delle identità
Si ricordano con rammarico le esperienze storiche recenti di coabitazioni tra popoli diversi, religioni, lingue, culture, che arricchivano tutti: la Galizia di Joseph Roth, finita con la Grande Guerra,  Serajevo ancora a fine Novecento. Il leghismo non fu così letale - oppure sì, a Milano il disprezzo fu percepibile. Ora si traveste, o ha cambiato interessi, ma è stato la fine di un modo di essere. Per chi, noi, di Milano conosceva ogni pizzo, perfino la programmazione del Pasquirolo, che era un cinema. Ma, poi, per ognuno, compresi gli stessi milanesi: la dine di un’idea di cultura. Di una cultura.
Milano, luogo della ricchezza, benché leghista, ha continuato a essere polo di attrazione per  molti, per commerci e carriere. Ma come una prigione per ricchi a cieli aperti, non una patria o una cultura, un modo d’essere. Che cultura ha dato Milano leghista, ora più che quarantenne?
O sì, si è fatta ed è scuola di depersonalizzazione. Della famiglia lungimirante di oggi, che manda i figli alle scuole inglesi o americane (nate appositamente….), e poi ai licei in Inghilterra o in America, e poi all’università, in Inghilterra, negli Usa, sia pure a Leeds o a San Antonio, dopo averli deprivati di una lingua, nonché della stessa famiglia, e della religione solitamente, della storia, di una tradizione – per averli poi non nel mainstream del mondo ma, uno su due, disoccupati e senza arte, dopo avere investito qualche milione, e senza carattere.
 
Aspromonte
Alvaro castratore – il grande scrittore è un castratore? Alvaro ingombra la Calabria più che non la sorregga o la illustri. Alvaro è molte cose, e molto ha da dire e insegnare dei suoi anni, dei mondi che ha conosciuto, della dirittura morale. Ma l’Aspromonte giace sotto i suoi racconti.
Molti nello stesso Aspromonte se ne fanno materia e scudo. È così che la Montagna gentile aperta sui mari, i suoi boschi colorati, ulivo, castagno, pino, faggio, verde e rosso, abete, l’aria secca, salubre, variamente profumata, è solo quella, arcigna e violenta, dei racconti di Alvaro. Solo aggiornata: anche le Madonne sono ora nere, delinquenziali.
“Giuseppe Dessì mi diceva che da giovane aveva odiato Grazia Deledda”, racconta Carlo Cassola in uno scritto contro il “toscanismo”, “sembrandogli disperata l’impresa di far apparire la Sardegna diversa da come l’aveva fatta apparire la famosa scrittrice”. Succede dei mondi chiusi, una specie di gelosia, di appartenenza esclusiva e reclusiva, senza più aperture, senza più divenire. Chiusure che si vogliono realistiche, e invece sono traditrici. Forti, ma della proiezione fantasmatica, dei propri umori. Più contagiosi e letali se depressivi.
 
Il protagonista di Gautier, “Jettatura”, che sarà vittima a Napoli della jettatura, si chiama Paul d’Aspremont. Non per un motivo particolare. Tutto il racconto, ambientato a Napoli attorno a una giovane inglesina, Alicia Ward, “educata con una grande libertà di spirito filosofica, che non ammetteva nulla senza un esame”, è incongruo. Un giovane napoletano , il conte d’Altavilla, s’ingegna a convincerla che ci sono poteri occulti, la jettatura. La Miss resiste. Se non che, quando arriva a Napoli il fidanzato, Paul d’Aspremont, le cose prendono a girare male. Incongruo anche il nome francese, Paul d’Aspremont, per un nobile inglese. Ma Aspremont è usato con una certa frequenza nelle lettere francesi.

Il turismo non c’è, è il pregio oggi più apprezzato - rari anche i trekkers, rarissimi. Eccetto che, nella buona stagione, quello potabile. L’acqua buona è una fissa e si fanno viaggi di ore per riempire batterie di bottiglie alle sorgenti.
Una passione di molti quarti, risalendo a Corrado Alvaro, Perri, e precedenti. E generosamente compensata dalla sorgenti: delle Vile sopra Polsi, di Bocali o Fontanelle, di Materazzelle, della Prena (pregna, di femmina incinta). Francesco De Cristo ne tentò l’elenco in “Vagabondaggi sull’Aspromonte”, 1932.
Lampedusa concorda - “Gattopardo”, p. 223: “«Non c’è che l’acqua a essere davvero buona», pensò  da autentico siciliano”. Ma ha rubato la battuta al calabrese.
 
Non c’è solo Alvaro, una letteratura ormai lunga ha fatto dell’Aspromonte una montagna lugubre. Ma, soprattutto, l’Aspromonte si segnala per essere, tra tutte le montagne probabilmente d’Italia, la meno esplorata. Dai suoi abitanti: la meno conosciuta. Non nella toponomastica, non nei sentieri, le valli, i picchi, le vedute, le stesse acque, il luogo di culto, Polsi, probabilmente con più continuità in Europa da due millenni e mezzo, i monumenti. Sì, ci sono nell’Aspromonte ancora monumenti, dopo i tanti terremoti, brezzii (o bruzi), basiliani, normanni. Nemmeno classificati, nonché non restaurati o comunque messi o indicati in fruizione, dei curiosi, dei camminatori. La “Chanson d’Aspremont”, capostipite della chanson de geste in Italia, fine XII secolo, è nota solo a Carmelina Siclari, che l’ha studiata all’università. Non sono classificate le specie arboree, la flora, le erbe, gli animali, benché il Parco esista da alcuni decenni. Ne sappiamo qualcosa attraverso un saggio-racconto di Corrado Alvaro ragazzo – segno che un secolo fa ancora la Montagna era nota, poi è stata cancellata.

leuzzi@antiit.eu

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