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lunedì 21 dicembre 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (443)

Giuseppe Leuzzi
Il ministro della Sanità Speranza non ha reso noti gli esiti delle ispezioni da lui ordinate sui numeri della pandemia in Campania e in Sicilia. Gli esiti devono essere stati positivi (i numeri erano veritieri), altrimenti sarebbe stato reato, da perseguire penalmente. Il ministro lucano lo ha fatto per ingraziarsi i media, che dovevano spostare la colpa dal Nord al Sud? Non c’è altra spiegazione. 
 
“Vale di più un operaio, un magazziniere, un commesso, un imprenditore lombardo rispetto a un ministeriale romano. È un dato di fatto. Se si ammala un lombardo, economicamente, vale di più rispetto a un laziale”. È il sillogismo dell’onorevole Ciocca, parlamentare della Lega a Strasburgo.
Un commesso magari no – ci sono degli ottimi commessi alla Camera dei Deputati, alti, robusti, sapienti, efficienti, ma per il resto magari è vero. E quindi un lombardo, qualsiasi cosa faccia, vale più di un laziale. Ma l’onorevole non è solo sgradevole, è minaccioso – la Lega non cambia, in fondo è onesta.
 
In Italia si muove molto di coronavirus, viene raccontato, perché ci sono molti anziani. Ma non più della Germania, dove i morti sono la metà. La verità è che il sistema sanitario è incapace di affrontare la pandemia: è indebolito, non sa organizzarsi per le emergenze, ha perso anche competenze. Si muore di più – come numero di morti in rapporto ai ricoverati, e in rapporto a contagiati – nelle aree dove la sanità è stata riorganizzata al profitto: nella Padania. In Lombarda, Veneto, Emilia padana e Piemonte orientale. Ma questo non si può nemmeno dire.
 
Ora i media spostano l’attenzione su Natale e Capodanno, sui veglioni, le vigilie, le visite in famiglia. Ma dove si continua a morire? Soprattutto in Lombardia Veneto, Piemonte, Emilia. Il 64,6 per cento del totale dei quasi 70 mila decessi – 68.799 per l’esattezza fino a ieri.
 
L’eccellenza a Ottaviano
A Ottaviano, “vicino Napoli”, informano le cronache, una multinazionale campana, di nome Adler, leader mondiale nella componentistica automotive, fornitrice di Ferrrari, Porsche, Audi, Rolls-Royce, Agusta-Westland, Boeing, Bombardier, presente in 23 paesi con 70 stabilimenti, e 13 centri di ricerca, avvia col governo israeliano un osservatorio tecnologico multisettoriale, per aiutare gli imprenditori a creare nuovi modelli di business, e rileva la divisione Acoustics del gruppo STS, cinque stabilimenti, tre in Italia, uno in Brasile, uno in Polonia, etc. Fa l’attività normale di una multinazionale.
Adler non è la sola, a Ottaviano si fa impiantistica, informatica (Apple), agroalimentare, moda e arredamento, etc. – come a Pomezia, zona industriale decentrata di Roma, lo stesso, per Napoli, è Ottaviano. Ma se ne parla solo per avere dato i natali al camorrista Cutolo, e come “il paese in cui la vita di un uomo non vale nulla”. Una cronaca alla milanese, dei tanti Adler del Sud, sarebbe risolutiva, seppure in immaginazione.
 
Il benessere del malessere
Il “Sole 24 Ore”, in linea col governo giallorosso?, incorona ai primi posti della buona vita  l’Emilia, e per prima Bologna. Che Milena Gabanelli, che vi risiede dal 1974, descrive così sul “Corriere della sera”: “Da anni è diventata sporca, e ci sono strade infrequentabili per la quantità di’immondizia…È diventata anche avara. Vuole la fattura? Allora costa un po’ di più”.
Gabanelli ci resta perché il medico di base le ha fatto il vaccino antinfluenzale, e perché il sabato sera può “andare a ballare”. E a Crotone no – ultimo posto?
Quest’anno la classifica del “Sole 24 Ore” sulla qualità della vita nelle province è zavorrata dall’incidenza del virus, che ha colpito le aree più ricche. E indirettamente le ha colpite anche nella voce che più pesa nell’indice, l’andamento del pil, e in quella mediamente “pesante” intitolata “Demografia e società”, due indici che vedono ai primi posti le province meridionali. Con l’attività produttiva bloccata arretrano meno, o non arretrano, le economie a forte presenza pubblica dal lato reddito e di economia di sussistenza dal lato consumi. Ai primi posti spingendo così le province meridionali, Vibo Valentia in testa, dove il pil, di già povero, non arretra, o allora di scarti irrisori,1-0-2 per cento. Ciononostante, la classifica generale vede il Sud agli ultimi posti: le posizioni dall’86 al 107, le ultime, sono saldamente meridionali, da Cosenza a Crotone.
Saldamente settentrionali sono le classifiche settoriali, dei consumi, dei servizi. Eccetto la giustizia e sicurezza – chi l’avrebbe detto? - dove primeggia Oristano, con ottime posizioni di Campobasso e Agrigento. Le città dove si è meno sicuri sono, nell’ordine, Firenze, Milano e… Bologna.
Agli ultimi posti il Sud, comprese la civilissima Siracusa, la vulcanica Palermo, per offerta e consumi culturali – ma in compagnia di Trento e Varese.
La classifica non è un indice di come vanno le cose in Italia, è il quadro del dominio del Nord – di come il Nord si vede e vede il mondo. Sul web gira da un anno un titolo del “Corriere della sera” che sembra un falso: “Il divario fra Nord e Sud verrà colmato solo nel 2020”. È un titolo vero, del 13 settembre 1972, di un rapporto dell’economista Pasquale Saraceno, l’ultimo meridionalista, l’inventore della Cassa del Mezzogiorno. Ma lui non poteva sapere che di lì a poco, nemmeno vent’anni, “Milano” avrebbe sovvertito lo Stato di diritto, e lo Stato – nel mondo hobbesiano il leone prende tutto.

Il dialetto non sa essere provinciale
Nel filone letterario in voga delle mini-storie, della vita di provincia, l’uso del dialetto, che il settimanale “La Lettura” tratta in lungo nel numero dell’altro sabato,  non è più eccezionale, né sorprendente. Non come lo era stato in Gadda – in qualche misura anche in Pasolini. Piuttosto è parte del non-linguaggio, della koiné coatta - degli ahò, che cazzo! fanculo etc. – a vocabolario limitato.
È come se il dialetto fosse – dovesse essere – un segreto, un (piccolo) tesoro nascosto. Utilizzato in serie, non più ad arte, è come il romanesco al cinema, una non lingua. Probabilmente perché, di fatto, “in povincia non succede niente”, come argomenta e documenta sullo stesso settimanale il graphic novelist tefano Zattera. Oggi come al tempo de “I vitelloni”.
Il dialetto si sfianca fuori contesto. O anche se volto artificiosamente a pompare la vita di provincia in una dimensione drammatica, narrabile - a meno dei “Vitelloni”, una volta, una sola, eccezionale. Il dialetto non basta, se la provincia è la sola realtà – la provincia è morta, asfittica, e il dialetto cn essa. Un dialetto caratterizzante – vivo, drammatizzante – non sa essere provinciale, legato  un orizzonte basso, circoscritto.
 
Calabria
“Nel 2004 i tifosi del Verona”, a Crotone per la partita, è da supporre”, “lanciarono migliaia di banconote (fotocopiate) da 500 euro, urlando «Vi abbiamo portato i soldi!»”. Lo ricorda sul “Venerdì di Repubblica” Maurizio Forino, artista e scrittore di Crotone, premio “Città di Crotone”, con una nota di biasimo verso la città: “Quindici anni dopo non è cambiato niente”. Non nella Lega, a Crotone. Sempre ultima in graduatoria, la città più povera d’Italia.
Ci dev’essere qualcuno, nella ricca Italia, meno ricco degli altri. O: la povertà non può più essere dignitosa, non in Calabria.   
 
A propositio di Crotone – piove sul bagnato…- trambusto in rete  perché a Santa Severina, castello bizantino normanno e borgo storico, non più densamente popolato ma molto esteso, una ottantaseienne in crisi cardiaca è stata caricata sull’Ape del marito invece che sull’ambulanza per il traspoprto in ospedale. Foto e video a gogò, lazzi e ghigni, l’Italia si è mobilitata. Ma più la Calabria, probabilmente.
Ma non è stato un salvataggio, meritevole? Un colpo d’astuzia dei soccorritori, ambulanzieri e medico,  l’Ape essendo il solo mezzo veloce che passi per i vicoli.
 
Camilleri, che usa nella sua personale lingua molti termini comuni alle due rive, benché fosse di Agrigento, il posto in Sicilia più lontano, racconta in più episodi dello Stretto (Tindari, il ferry-boat, con gli arancini) e della Calabria, Gioia Tauro, Cosenza. È probabilmente l’unico scrittore siciliano che non salta a Roma e a Milano.
 
Ha il record in Italia, in rapporto alla popolazione, degli scomparsi, le persone di cui si è denunciata la scomparsa. Su base regionale (i dati disponibili sono di fine 2018) il fenomeno interessa in primo luogo la Sicilia: 26.635 denunce sul totale (1974-2018) di circa 228 mila. Seguivano il Lazio, con 8.023 casi, la Lombardia, 6.103, la Campania, 4.699, la Calabria, 4.659, e la Puglia, 4.080.
 
Morra come Rosy Bindi, dei parlamentari non calabresi si fanno eleggere in Calabria. Potendo contare su Grandi Elettori locali. Per poi sanzionare la Calabria come terra di mafia a capo della speciale Commissione parlamentare antimafia. Eccetto i loro Grandi Elettori locali, naturalmente esenti da connessioni dubbie e voti di scambio.
Il candidato ideale per la Regione Calabria? Un medico milanese prossimo alla pensione nato a Gioiosa Ionica. Ha curato la mamma di Berlusconi e questo basta. Magari è anche un’ottima persona.
 
Molti i parlamentari eletti in Calabria che non hanno alcun contatto con la Calabria, da Rosy Bindi a Salvini. Tutti eccetto Sgarbi, che perloemno si occupò di consigliare la pavimentazione ad alcuni Comuni, e ad altri la tinteggiatura delle facciate in piazza. E, forte del suo ascendente televisivo, fu ascoltato, a Gerace, Serra San Bruno, Mileto, Ardore.
 
È curiosa ed è unica in Italia questa preferenza degli elettori calabresi per parlamentari piovuti da lontano. Dai quali poi non hanno nulla, nemmeno un’interrogazione parlamentare. Mentre eleggere dei locali potrebbe incrementare il pil regionale di un paio di miloni l’anno, per le spese obbligate dei parlamentari stessi e dei loro familiari.
 
Mimmo Rotella, nato e cresciuto a Catanzaro, è celebrato dall’editore Skira e da Germano Celant con due ricchissimi volumi. Nei quali d Catznaaro c’è solo la data di nascita.
 
C’è al vertice della  regione Calabria un gay e un leghista diverso, Nino Zirlì. Che era semplice assessore alla Cultura, ma anche vicereggente della giunta, per la stima che gli portava Jole Santelli, la presidente eletta – “un’amica di oltre vent’anni, parte della mia famiglia”. Uno che ha girato tutto il centro-destra, da Berlusconi a Meloni e Salvini, ovunque responsabile della sezione Cultura – la famosa cultira di destra inafferrabile. Un politico, non c’è dubbio, e molto calabrese, volendosi eccessivo. Che altrove spopolerebbe, “un personaggio”, ma essendo calabrese si rappresenta nei media come un pazzo.

leuzzi@antiit.eu

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