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mercoledì 27 gennaio 2021

Sola e abbandonata, nella Sicilia bella e primitiva

Un forte dramma, tra nipotina lasciata dai genitori emigrati per lavoro in Francia e nonna brusca, isolata, incattivita, che vive di espedienti, come rivestire i morti. In un luogo abbandonato, seppure bello – è l’isola di Favignana. Di borghi come borgate di periferia, derelitti, benché con feste, processioni, gelati e cannoli, e mare colorato – “Con i piedi nella sabbia” è il sottotitolo, dal romanzo omonimo di Catena Fiorello.
Non finisce bene. Cioè finisce bene, ma lontano dalla Sicilia – la storia si vuole siciliana, parlata in dialetto contratto, asillabico. Dove invece le piccole gioie sono sovrastate dalla indifferenza e dal dolore, dalla violenza. Dall’incomunicabilità – chi l’avrebbe detto, non era un tratto della condizione urbana, decentrata, microfamiliare? In anni si suppone postbellici, quindi remoti, ma non detti – salvo nella scena finale: il dramma si svolge come nella tragedia greca, senza finestre e senza porte.    
Il rovesciamento del paradigma umanitario della vita di paese, della piccola comunità di conoscenze e tradizioni comuni, non è una novità. È anzi ricorrente nella narrativa siciliana, che esclude la solidarietà - non la complicità, quella anzi è d’uso e celebrata, ma la comprensione, e il sostegno non interessato. Licata, al suo primo film, si adegua al “ciclo dei vinti”. Sull’onda probabilmente dell’estetica neo realista ritornante con la cinematografia asiatica che vince i premi, giapponese e coreana, delle vite ai margini: niente empatia nei mondi “primitivo” o povero, che invece ne sono dominati (anche distruttivamente, è vero).
Un racconto duro, che avvince malgrado la povertà delle immagini – o in virtù di esse.
Il film aveva debuttato bene, premiato al Festival di Taormina. Sfortunato poi al debutto in sala, programmato dalla distribuzione per il 5 marzo – che sarà vigilia di lockdown.
Paolo Licata,
Picciridda, Sky Cinema

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