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lunedì 25 gennaio 2021

Nureyev, che fece della danza un’arte maschile

Tra la prima, decisiva, tournée a Parigi del balletto Kirov dell’allora Leningrado, nel 1962, nel quadro della détente politica tra Est e Ovest, e l’infanzia e il praticantato di Nureyev borsista nella città monumentale e ricca di musei degli zar, una ricostruzione affascinante. Con la vita nell’Urss, privilegiata per gli artisti seppure in condivisione dei pochi alloggi, ma sempre sotto un controllo politico ferreo, e il carattere ribelle del ballerino. Fino alla decisione finale, di restare in Occidente, drammatica.
Fiennes, che ha voluto – prodotto e diretto – il docufilm, si è anche riservata una parte, del maestro buono Alexander Puškin, che asseconda e doma Nureyev adolescente intrattabile, gli dà da mangiare, un alloggio, e anche la moglie - una divagazione improbabile, forse richiesta dalle regole di produzione, ci vuole un po’ di  nudo. Ma curiosamente trascura la novità di Nureyev, che pure il titolo del film evoca, “il corvo bianco”, quello che in russo s’intende per persona fuori dagli schemi: che fece del balletto un’arte anche maschile, prima il ballerino era giusto un porteur. Concentrato sulla defezione, dalla Russia sovietica in Occidente, che lo spettatore sa o intuisce, la vita di Nureyev rivista in playback acquista suspense.
Il film è anche un utile ripasso di quello che il sovietismo era, non molti ani fa – e in Cina è tutt’ora : ora si può defezionare, il regime cinese dà il passaporto a tutti, ma non criticare il regime.
Ralph Fiennes, Nureyev – The white crow, Sky Cinema

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