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mercoledì 4 agosto 2021

La contessa scalza e il prezzo di essere una stella

Un polpettone, lo dovrebbe dire un critico, le tre vite della Grande Attrice, cioè i tre amori – che però non cancellano l’unico e solo, si sa che l’amore è immortale. Molto 1954. Che però avvince – il romanzo vuole essere romanzesco. Con una Ava Gardner statuaria, più formosa che mai, sotto un viso semplice. E Humphrey Bogart che fa Humphrey Bogart, il regista narratore, l’innamorato di sempre. Con mezza Italia: Rossano Brazzi, l’inevitabile nobiluomo, marito impotente, Valentina Cortese (nei titoli di testa – allora si mettevano prima - Cortesa), Portofino, Franco Interlenghi ragazzo, Alberto Rabagliati, e perfino Enzo Staiola, il bambino di “Ladri di biciclette”, il capolavoro di De Sica.
Richard Brody, il barbutissimo critico del “New Yorker”, lo rivede come “uno dei grandi film sul cinema”, sul fare film. Ma strutturato, molto: “«La contessa scalza» è forse il film di Hollywood più laboriosamente strutturato dopo «Citizen Kane». Come nel film di Orson Welles, che comincia con la morte del produttore, la storia della Grande Attrice è raccontata con una serie di flashbacks – a partire dal suo funerale”, ed è narrata dai suoi tre uomini più importanti. “Manckiewicz era, dopo Welles, il cinematografaro di Hollywood più literature-mad”.
Manckiewicz dovette produrre il film, uno dei più grandi successi di pubblico, perché non trovava finanziatori, attraverso una sua società ad hoc, che chiamò Figaro Inc. Girò quasi tutto in Europa, dove i costi erano minori, specie in Spagna e in Italia, una sola scena ambientata in California.
Joseph L. Manckiewicz, La contessa scalza, online

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