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venerdì 17 dicembre 2021

Quanto Dante si divertiva, con le parole

Una compilazione spassosa ma anche sapiente. Lotti, lessicologo per diletto, sa creare collegamenti, individuare richiami, riprese, prestiti e quant’altro, per una lettura godibile.
Dante è l’inventore dell’italiano anche nei suoi termini, a detta dello stesso poeta, “puerili”, “silvestri”, “lubrichi”, “aspri”. Il poema chiamava del resto Comoedia, con rimando alla radice di comico, per dire di un poema “volgare”, cioè semplice. Comprensibile ai più. A mo’ di introduzione, Lotti può elencare un centinaio di espressioni non tanto ovvie che però sono parte integrante, usata correntemente, dell’italiano. Inventivo molto: il “fantino”, da “fante”, bambino, ragazzo, e il “fantolino”. Il conio. La cloaca. La chiappa. Il cesso. L’epa. I dindi. Fesso. Gabbo. Ghiottone. Gozzo. Grattare. Groppone. Ingozzare. Ingrassare. Intronare. Ladro, ladrone e ladroneccio. Lercio, lordo, lordura. Merda (giù usato da Iacopone da Todi), merdoso. Muso. Natiche, nervo, pancia, poppe. Porco e porcile…
Molte invenzioni di Dante non sono entrate nell’uso. “Accaffare”. “Acceffare”, “Accoccare”. “Mazzerare”, dall’arabo. Specie le derivate dal provenzale: “Acismare”, dal provenzale “acesmar”…. – ma “bordello, da bordel, “sozzo” da sotz.
Un prontuario divertente, anche per chi di Dante non ne può più: ne viene fuori un poeta lieve, che si diverte con le parole.
Gianfranco Lotti, Come insultava Dante, il melangolo, pp. 217 € 12

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