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sabato 18 dicembre 2021

Un Marchionne piccolo piccolo

Una iniezione di voglia di vivere. Da un uomo venuto dal nulla e creatore di un gruppo competitivo in un settore intasatissimo, ribaltando la vecchia Fiat e la fallita Chrysler in aziende di successo, immediato. Come per tocco magico.
Ma un film curioso. Dà risalto alla capacità di Marchionne di risuscitare cadaveri industriali. E con rapidità, e con semplicità: parlando con le persone, analizzando i problemi, trovando le soluzioni – le più semplici le più efficaci. Specie negli incisi in inglese, lingua che evidentemente ne favoriva la sintesi: dice sempre molto, in poche parole, nessuna sbagliata. Ma le testimonianze sono limitate. E concentrate su uno o due leitmotiv. Mentre il personaggio è di molti aspetti. Nulla sui genitori, specie la madre istriana. Sui loro molteplici trasferimenti. Sulla sorella maggiore, specialista di italianistica, morta a trent’anni o poco più. Sullo sradicamento, improvviso, violento, a quattordici anni, da Chieti al Canada.
Poco anche, di fatto, sulla sua esperienza di manager. Specie al confronto, che sarebbe risultato molto lusinghiero, con la Mercedes. Chrysler, che Marchionne ha riportato sul mercato in pochi mesi, era stata gestita per dieci anni dalla Mercedes - prima di Fca, Fiat Chrysler Automobiles, c’era il gruppo Daimler-Chrysler. Di cui aveva minacciato l’integrità finanziaria, tanto i manager Mercedes non erano riusciti a farla lavorare – da qui l’abbandono. Ed erano manager di gran conto: Jürgen Schrempp, artefice della fusione, in quegli anni, tra Novecento e Duemila, era “l’onore della nazione”, il manager più miracoloso di tutti i tempi della storia tedesca. E Dieter Zetsche, che gli succederà a capo della Daimler dopo il disastro Chrysler.
Francesco Micciché, Sergio Marchionne. Il coraggio di contare, Rai 3

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