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martedì 14 dicembre 2021

Letture - 475

letterautore

Andersen – “Ambiva alla «fiaba contemporanea»”, spiega Rodari a Giulio Bollati quando Einaudi gli chiede di presentare la nuova traduzione dello scrittore danese. Proponendosi di “de-deamicisizzarlo”, dal buonismo che lo avvolge. Anzi, di “mettere in luce le sue non poche code di paglia: l’eccesso di cadaveri veri (quelli della fiaba popolare sono cadaveri per ridere, non puzzano); la sua ricerca di compensazioni (molte sue novelle sono vere e proprie vendette con la vita); il suo cristianesimo in carrozza reale”. E poi: “Andersen è un caso unico, non fa parte di nessuna famiglia”.
 
Selfie – È come se niente esistesse al di fuori di noi. O per dare consistenza a noi, che altrimenti non siamo. Ma è anche genere coltivato da spiriti forti, sant’Agostino per primo, Rousseau.
 
“Sarebbe molto piacevole per me dire quello che penso, e dare sollievo al signor Gustave Flaubert con delle frasi. Ma che importanza ha il suddetto signore?”, si chiedeva Flaubert – “L’uomo non è niente, l’opera d’arte è tutto”. Però, anche qui: senza l’artista?
 
Esprit de l’escalier – Montefiori gli trova questa definizione sul “Corriere della sera”, riferendo di Houellebecq alla Sorbona: “Felice espressione francese che evoca quella tendenza a farsi venire in mente le rispose a tono quando si è sulle scale, usciti di casa, e ormai è troppo tardi”. In un certo senso sì: è la battuta di spirito in ritardo.

Impegno L’engagement francese (su cui Moravia litigò con Sartre a Roma) “era tutto, ma solo se era la corrente giusta del partito giusto” - ricorda Julian Barnes nel memoir “Gustave, l’educatore sentimentale”, pubblicato sul “Robinson”. Lo ricorda a proposito di Mauriac, da lui amato come scrittore che però per i suoi amici francesi “era un gollista”, e quindi niente.
 
Italia – Shakespeare italiano – la metà o poco meno dell’opera - è tutto spirito lieve, comunque amabile, comunque spiegabile, per esempio l’“Otello”. Mentre i soggetti isolani fa “elisabettiani”, tutti fuoco e fiamme, e assassinii. Anche nei drammi storici, il “Giulio Cesare” è un dramma politico, i corrispondenti inglesi sono di turpitudini.
 
Snoop Dogg, che non è un personaggio, “il cane di Snoopy”, ma un nome, di un rsper e attore americano che s’illustra collezionando monete virtuali e NFT, ha adottato per questa sua attività lo pseudonimo, per dire che si sta arricchendo molto, di Cozomo Medici”, con lo -zo.
L’italiano è un suono più che una lingua – vedi io tanti nomi di automobili storpiature di parole italiane. Ma allora anche il cinese.
 
Novecento – Flaubert lo profetizzava “utilitaristico, militaristico, americano e cattolico, molto cattolico”.
 
Pasolini – Claudio Magris lo mette con D’Annunzio. Senza più. Lo ricorda nel 16 giugno del 1968, per l’ode “Il PCI ai giovani!”, contro gli studenti a Valle Giulia a Roma, che marciano in “abito all’inglese e battuta francese” e fanno a botte con i poliziotti, “figli di poveri”, proponendone la celebrazione in quella data, per i cento anni della nascita nel 2022, il 16 giugno: “In anni e forme diverse Pasolini e D’Annunzio hanno vissuto, denunciato e fatto propria – nel corpo, nel loro sudore, nelle loro pulsioni, spesso narcisiste e degradate - la radicale trasformazione dell’uomo avvenuta nella loro epoca e che sta avvenendo e avverrà con sempre maggiore violenza”. In peggio naturalmente? Da D’Annunzio a Pasolini, una deriva di un secolo (e oggi, direbbe Agamben, non è finita….).
Pasolini e D’Annunzio, “in forme diverse”, lo stesso impeto, anche se non lo stesso destino? Ma Pasolini come D’Annunzio catastrofista? D’Annunzio obietterebbe – ma anche Pasolini, solido infaticabile Prometeo, costruttore, creatore, lavoratore. Anche di notte, quando scendeva all’inferno. 
 
Scrivere – È come scopare, Flaubert si diceva col suo amico poeta Louis Bouilhet, suo principale consigliere letterario - “il mio testicolo sinistro”. Bouilhet si complimentava così per la stesura dell’“Educazione sentimentale”: “Sono felice di vedere che stai facendo progressi con il libro, soprattutto che stai scopando come un gendarme”. Qualche anno prima Flaubert scriveva della “Bovary”, che procedeva lentamente: “Le erezioni della mente sono come quelle del corpo: non vengono quando tu vuoi”.
 
“La prosa è come i capelli, diventa lucente quando la pettini”, ha lasciato scritto famosamente Flaubert. Julian Barnes, flaubertiano come non altri, racconta che ha usato a lungo negli incontri con i suoi lettori citare questa frase. Finché “una donna nel pubblico” non gli fece notare che “quello che fa diventare lucenti i capelli non è pettinarli ma spazzolarli”.
 
Stupidità – Ma è il tema di Flaubert, della sua narrativa – e un po’ l’ossessione della sua vita. Non solo di “Bouvard e 
Pécuchet” ma già dell’“Educazione sentimentale”, in termini già grossolani, sprezzanti, E anche in “Bovary”: non solo in Homais, anche in Emma - Emma Bovary è meno stupida di Monsieur Homais, lui della scienza positivista, lei dell’amore?

Flaubert si abbandonava solo all’esotismo. Al viaggio in Oriente - in scritti e nelle lettere. In “Salammbô”, nella “Tentazione di sant’Antonio”. Ma anche in questo “Oriente” molto è in forma sardonica.

Progettò per trent’anni il sottisier “Bouvard e Pécuchet”. Quello che, postumo, si è intitolato “Dizionario dei luoghi comuni” avrebbe dovuto completare l’opera del duo, con le “Copie”, articolate in un “Dizionario delle idee correnti” e un “Catalogo delle idee chic”.
 
Si capisce così perché Sartre, dopo tremila e più pagine, non sia venuto a capo di Flaubert: ha fatto un’esposizione “stupida” sula stupidità – senza cioè saperlo, malgrado il titolo, “L’Idiota della famiglia”.  Sartre che era (si ritrovava) solo intelligente, e per d arsi spessore si ubriacava, praticava la poligamia, si contraddiceva – e si esibiva al caffè.

letterautore@antiit.eu

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