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giovedì 21 aprile 2022

L'islam si vuole triste

Dopo vent’anni, rinnovandosi i riti talebani, le rondini che chiudevano in primavera questo tetro racconto non c’è più speranza che si materializzino. Resta il racconto, sempre molto vivace, di cos’è la vita nell’Afghanistan talebano. La riproposta è funestata dalla sopravvenuta guerra in Europa, dalla violenza di casa nostra, ma in fondo anche l’Afghanistan è stato per vent’anni casa nostra, anche se non lo sapevamo, non ce ne accorgevamo. C’è chi associa Kabul agli aquiloni, Yasmina Kadra alle rondini, i fumatori al paradiso in terra, ma sono false rappresentazioni. Si lapida una donna – l’adulterio è femminile. Lo stadio si riempie per le esecuzioni pubbliche. Mogli, figlie, sorelle sono condannate all’oscurità forzata del burka. Ogni gioia è svanita, ogni attesa di un rinnovamento, sia pure religioso. Il giovane, coraggioso mujahid, convertito carceriere, sopravvive a se steso, inciampa sui suoi piedi.
Un apologo senza morale. Un racconto, si direbbe, maupassantiano, tal quale – “Khadra”, di suo Moulessehoul, è un ex colonnello dell’esercito algerino al tempo della jihad trent’anni fa che fece un milione o poco meno di morti, sa di che si tratta. E però più di un sospetto alimenta: la rivoluzione si mangia i suoi figli, come si suol dire, delude per primo chi ci crede.
Yasmina Khadra, Le rondini di Kabul, Sellerio, pp. 248 € 14

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